Harley-Davidson, dall’evoluzione alla rivoluzione di “More Roads to Harley-Davidson”
Un marchio che ha saputo mettersi alle spalle i periodi bui e che punta ad un futuro innovativo
More Roads to Harley-Davidson
All’università, ancora lo ricordo, il marchio di moto più famoso d’America l’ho studiato per l’esame di storia economica. Una azienda che ha appena compiuto 115 anni, ricchi di successi e che l’hanno vista diventare uno dei marchi più noti a livello planetario, ma con periodi bui che l’hanno anche vista vicina a scomparire. La prima crisi arriva dalla minaccia dei giapponesi, che negli anni ’60 e ’70 le hanno sottratto quote di mercato, con una concorrenza che, di fatto, fino ad allora nessuno era stato in grado di farle. Da qui, insieme alla crisi economica che colpiva duro, arrivano i peggiori anni di difficoltà per Harley-Davidson, con conseguenze anche sui prodotti e sulla loro qualità. Le motociclette americane finirono per essere additate come poco affidabili, al punto che una delle frasi rimaste storiche di quegli anni era che, se volevi comprarti una Harley, ne dovevi prendere una seconda per i ricambi.
Da qui, dopo essere seriamente stata vicino alla bancarotta, Harley-Davidson ha iniziato a risalire la china, prima riguadagnando quote e volumi di produzione che la portarono ad essere rapidamente di nuovo leader nelle moto di grossa cilindrata, per poi puntare ad alzare l’asticella, iniziando ad innovare il prodotto. Primo caso importante fu la partnership con Porsche, per sviluppare la V-Rod, prima moto della casa americana con propulsore 4 valvole per cilindro, raffreddato a liquido e con potenza specifica da sportiva (120 cv), denominato Revolution. Eravamo agli inizi del 2000, il successo probabilmente non fu quello desiderato, ma fu un primo segnale forte, che oggi torna attuale. E’ però lungo il percorso che porta a questi giorni e ad un comunicato stampa, apparentemente “innocente” ed arrivato in un periodo dell’anno in cui si pensa più alle ferie che al futuro del mondo delle due ruote. Facendo qualche passo indietro, il colosso americano ha iniziato nel 2013, con il progetto Rushmore (dal celebre monte su cui sono stati scolpiti i volti di alcuni dei Presidenti americani), a rinnovarsi. Lo ha fatto in modo silenzioso, si potrebbe dire, con centinaia di modifiche ai modelli della gamma touring, a cui si è arrivati con un programma di collaborazione con i clienti e 4 anni di lavoro. Un esempio che ci permette di farvi capire lo stile utilizzato per migliorare il prodotto, ma con il massimo rispetto alla tradizione, è il sistema di raffreddamento delle teste dei cilindri, con tubi e radiatori sapientemente nascosti agli occhi. In un rinnovamento che scopriremo solo successivamente essere epocale, il passaggio successivo è di due anni fa, con la nascita del nuovo propulsore Milwaukee-Eight. Fedele dal punto di vista estetico e non solo, alla tradizione del V-Twin più famoso del Mondo, ma con novità come le 4 valvole per cilindro oppure le vibrazioni ridotte del 75% (si poteva azzerarle, ma non sarebbe stato sufficientemente rispettoso di un elemento imprescindibile di una H-D). Una evoluzione che si fa sempre più rivoluzione, ma sempre silenziosa, anche con la nuova gamma Softail (presentata nel 2017), che evolve alcuni modelli, ne rivoluziona altri, dando una scossa alla gamma e portando alla presentazione in simultanea di ben 8 nuove moto (qui ne trovate i dettagli).
Ed eccoci a noi, a pochi giorni fa, con l’annuncio di altri 4 nuovi modelli (qui il primo articolo che gli abbiamo dedicato), che da silenziosa, rendono la rivoluzione decisamente urlata. Come definireste una casa con 115 anni di storia, soprattutto legati al mondo delle custom, che presenta una Crossover, o maxi enduro che dir si voglia, come questa Pan America 1250?
Tutte le testate di settore (o almeno la stragrande maggioranza) hanno usato questa come foto di apertura, proprio perché è la provocazione più forte, l’entrata in un segmento di mercato importante, ma totalmente estraneo ad H-D fino ad oggi (con la piccola eccezione della Buell XB12X Ulysses, di una dozzina di anni fa, ve la ricordate?). Tutte le 4 proposte rappresentano però delle novità assolute, ciascuna con un carattere e con caratteristiche che rendono questa di Harley-Davidson una scelta forte, di aprire a strade nuove, come dichiara il claim stesso “More Roads to Harley-Davidson”. La seconda è quella che punta ad un futuro (più o meno lontano) che molti vedono come scontato, con la scelta obbligata di produrre moto con propulsione elettrica. In questo ambito la casa americana investe da anni e non è una prima assoluta a tutti gli effetti, ma la LiveWire è comunque circondata da un alone importante di curiosità.
Le altre due moto, almeno a nostro avviso, sembrano un modo parecchio interessante per farsi perdonare dai puristi, da chi vede Harley per quello che è stata nei 115 anni che ha alle sue spalle, piuttosto che per le innovazioni e le rivoluzioni che la aspettano, in un contesto che vede la competizione così spinta, anche dal punto di vista tecnologico e di contenuto, dal rendere di fatto indispensabile la diversificazione e lo sviluppo in segmenti prima inesplorati. La prima delle due, non per nulla denominata per ora semplicemente “FUTURO MODELLO CUSTOM”, con l’ultima parola a chiarire che H-D significherà sempre anche questo, ha in comune il cuore 1250 con la futura crossover.
Infine, il quarto modello è la Streetfighter, che per alcuni è ancora più interessante e “succosa” della Pan America. Si, perché da un lato rappresenta la volontà di mantenere una presenza importante nelle medie cilindrate, dato che adotterà un propulsore di cubatura 975, dall’altro torna ad associare il V-Twin con una moto sportiva, un po’ come accadeva con Buell, marchio le cui sorti non sono state, purtroppo direbbero i suoi estimatori, le migliori. Lo fa per la prima volta, almeno in tempi moderni, con il marchio ufficiale H-D e, guardandola siamo curiosi di scoprirne caratteristiche e prestazioni, ma soprattutto, la voglia di salire in sella e provarla è già molto alta!
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