Harley-Davidson Breakout 117: night train del terzo millennio [PROVA SU STRADA]

La prova su strada della cruiser statunitense

di Cristiano Morroni

Sto intonando tra me e me “Born to be wild”, dopo aver notato in un negozio una foto di Dennis Hopper in Easy Rider, quando mi squilla il telefono.

Pronto?

Ciao Cri, quand’è che rientri dagli “States”???

Ciao, Direttore. Domani si torna a casa, perchè???

Bene, allora prendi accordi diretti con il Roman Village di Harley Davidson, e ritira la Breakout 117 che ci mettono a disposizione. Hai un paio di settimane per tirane fuori il meglio e mi raccomando, è roba grossa.

La telefonata finisce, ed essendo un test così fuori dagli schemi per il pistaiolo che è in me, decido di non cercare le solite informazioni di base sul modello in prova, perché voglio godermi questa prova come un appuntamento al buio, ed una volta rientrato alla base ”volo” in concessionaria per ritirare la nuova compagna di giochi.

Cruiser del ventunesimo secolo

Harley Davidson Breakout 117

Al Roman Village, in un bel contesto decisamente Harley Davidson style, Valerio mi accoglie con la Breakout lucidissima, in bella mostra, e il mio occhio viene subito catturato dal motore, il Milwakee Eight più grande mai costruito in Harley Davidson. V Twin di 45 gradi e 117 pollici che equivalgono a quasi “duemila” centimetri cubi, incastonato nell’ acciaio made in U.S.A. verniciato nero lucido del suo evocativo telaio “Softail” (coda soffice, ovvero ispirato alla storica linea dei telai rigidi che a Milwakee utilizzavano su moto senza alcuna sospensione posteriore).

Qui in realtà il mono c’è, ed è anche regolabile nel precarico con un pomello idraulico raggiungibile sul fianco destro, ma nascosto alla vista contribuisce a rendere la linea di questa cruiser filante, nono-stante dimensioni non proprio slim. Mentre infilo i guanti con l’acquolina in bocca, mi godo la muscolosa cassa filtro aria cromata, dove spicca l’immancabile “117”, come a ricordarmi con chi avrò a che fare. Anche i cerchi si fanno notare immediatamente, 26 razze ciascuno, entrambi in lega di alluminio pressofuso, da 21 pollici all’anteriore (130/60-21”) e 18 al posteriore (240/40-18”), belli e curatissimi.

Quasi 17 kgm di coppia, oltre 100 cavalli disponibili e subito pronti, uniti al baricentro arretrato e rasoterra, completano il primo colpo d’occhio che “idealmente traduco” in lunghe virgole nere sull’asfalto lasciate dallo pneumatico posteriore ad ogni partenza (si fa per dire eh…..) Lunga, affilata nonostante le dimensioni, con cromature abbondanti e impeccabili, sella bassa, pedane avanzate e ruota anteriore “lontana” dalla seduta, questa Breakout 117 integra perfettamente nel classico stile Harley l’ essenziale strumentazione LCD incastonata nel riser del manubrio, le illuminazioni a led, il traction e anche il cruise control. A dimostrazione di come il progresso tecnologico, se aggiunto con discrezione, riesca ad arricchire il pacchetto mantenendo forte l’ identità del marchio.

Bella da ferma, coinvolgente in viaggio

Enorme, possente, questo V-Twin è capace di superare i 5000 giri al minuto scaricando a terra 102 cavalli, ma è tra i 1300 e i 4000 giri che fa veramente godere, accompagnato dal bel sound di aspirazione della generosa cassa filtro. Sotto i 1300 giri il richiamo del gas è fin troppo pronto e secco, oltre i 4000 le “good vibration” diventano meno “good”, e ci si ritrova in quel range dove il massimo non sempre combacia col meglio (anche se è utile poterci contare quando serve).

Snocciolare le marce senza tirarle troppo è cosi piacevole che avrei voluto anche settima, ottava e nona, tanto con la coppia infinita (17kgm/3500 giri min) di questo “corsa lunga” da 1923 centimetri cubi potrei uscire lo stesso da qualunque curva senza un tentennamento, contando sulla dolcezza della perfetta trasmissione finale a cinghia. A puro titolo informativo, in sesta marcia la spinta si interrompe a 194 km/h indicati, limitata dall’elettronica che sceglie per noi di non aumentare più la velocità, nonostante la moto sia stabile e non dia alcun segnale di nervosismo (ovviamente eravamo in pista). Nota positiva sul cambio, abbastanza secco come in ogni Harley, ma più preciso che su altri modelli.

On the road, è anche divertente

Harley Davidson Breakout 117

Piccola precisazione. Abituato a moto che danno il meglio con le slick (tra experience, corsi, demo ride e soprattutto collaudi su moto prototipali percorro 10000km annui in pista), e viaggiando su strada con maxi tourer carenate senza avere quasi mai tempo da perdere, in sella alla Breakout mi trovo decisamente fuori dalla mia zona di confort. La cosa mi stimola, per cui innesto la prima e parto, facendomi cullare dai 310kg in ordine di marcia, dalla sella a soli 665mm di altezza da terra e dall’interasse di ben 1695mm, e lasciandomi coinvolgere piano piano, come quando si conosce una persona nuova e ci si inizia a parlare e raccontarsi. Ci ho messo un po’ a capire lo “slang” di questa softail, (il primo chilometro non lo scorderò) ma non mi sarei aspettato di sentirmi già a mio agio dopo una ventina di minuti in sella.

Una volta messo a fuoco che ruota posteriore e ruota anteriore hanno bisogno di un aiutino da parte del corpo per contare l’una sull’altra, sfruttando i trasferimenti di carico il match con la Breakout inizia, ed è più divertente del previsto. Anche se la posizione in sella non permette di muoversi granché dal bacino in giù, col giusto utilizzo del busto e dello sguardo la guida si fa interessante. In percorrenza posso contare sull’impronta a terra dell’enorme pneumatico posteriore dove la triangolazione sella pedane manubrio rende naturale por-tare peso, mentre in frenata e inserimento con l’aiuto delle braccia e del largo manubrio sfrutto maggiormente l’anteriore. Se poi serve un aiuto in più o se devo fare un cambio di direzione un po’ svelto, gioco il jolly usando la gamba esterna, che porto maggiormente aderente al largo serbatoio, col ginocchio a fare da leva per indirizzare la Breakout dove voglio (come in enduro guidando in piedi). Le Michelin dedicate al primo equipaggiamento, specifiche e realizzate con tanto di stemma Harley sulla spalla, regalano un buon feeling e quella perfetta trazione che calza a pennello con il poderoso V-Twin.

Harley Davidson Breakout 117

Chiaramente il pif paf non è il suo forte, la reattività nello stretto è relativa e la luce a terra va gestita con buona prudenza, ma sfruttando la stabilità in dote al telaio e ai 34 gradi di apertura del canotto di sterzo, con un po’ di mestiere e una minima azione muscolare il gioco è fatto. Così me la sono davvero goduta. Col sorriso stampato sotto al casco (anche quando lo stinco destro tocca il collettore della cassa filtro mentre ci si muove in sella), in un gioco di squadra dove se ognuno fa la sua parte ci si diverte. La forcella tradizionale da 49mm fa un buon lavoro, è sostenuta egregiamente dalle molle ed ha frena-ture idrauliche che ho apprezzato anche nella giungla urbana di Roma, mentre il mono posteriore, in quella posizione e con questa distribuzione dei pesi, fa quello che può. Nelle sollecitazioni a basse velocità (di reazione dell’ammortizzatore) come avvallamenti o gobbe sull’asfalto, riesce a fare il suo do-vere, mentre su asperità più secche come radici o buche vere e proprie, (sollecitato ad alte velocità) non riesce a reagire con altrettanta disinvoltura e la risposta è troppo secca. Presumo sia una questione di escursione, 86mm non sono molti, e se non si sta viaggiando su una piattissima High-Way americana è meglio ricordarselo.

Per fare la prova col passeggero, partendo dal mio metro e novanta ho scelto mio figlio che è più alto di me, cercando di cogliere quanto le posizioni di pilota e passeggero così arretrate influenzino il rendimento dinamico. Un ragazzone di 90kg non è che ci stia comodo seduto dietro, e infatti non glielo ho nemmeno chiesto (soffrisse in silenzio) ma la Breakout 117 anche in due non è male, e non mette in difficoltà chi la guida. Chiaramente, a patto che si possegga un minimo di competenza su bilanciamento del mezzo e trasferimenti di carico durante la marcia. Cosi non fosse, il consiglio che vale sempre è di scegliere un bel corso di guida sicura, e una volta fatti propri i fondamentali, sarà tutto più alla portata, e si vivrà ancora meglio questa comune passione.

P.S.: guardando lo strapuntino di sella posteriore (quasi da replica SBK), la mente va in automatico a qualche signorina da portare a fare un bel giro, ma nonostante non sia proprio comodissimo a mio figlio gli occhi a cuore sono andati via dopo 6 (SEI) ore, dalla fine del giro in moto.
La frenata c’è, ma anche in questo caso bisogna capire come tirarle fuori il meglio. L’anteriore potrebbe sembrare non troppo efficace, ma credo sia una scelta del team di sviluppo, e il motivo è intuibile. Con il baricentro sotto la sella e il peso (importante) spostato sull’asse posteriore, un freno anteriore aggressivo rischierebbe di portare al bloccaggio la ruota con troppa facilità, mentre utilizzando-lo per accordare la guida contando sulla potenza del posteriore, si ottiene una frenata più che adeguata per una cruiser.

Harley Davidson Breakout 117

Emozioni a kilogrammetri

Dall’inizio dell’articolo non ho mai scritto “motocicletta”, perché la Breakout rappresenta altro. Per me è uno stato d’animo, in cui sono entrato ogni giorno che ho passato con lei. Guardandola in garage per quanto è bella, godendomi i suoi punti di forza durante la guida, e girandomi ad ammirarla di nuovo alla fine del viaggio, soddisfatto e appagato, prima di rientrare nella mia routine. Con questa Softail, diciamocelo, la fretta è come un calzino bianco al primo appuntamento, rovina tutto e non concede appelli. Meglio viaggiare con calma, con il giusto “mood” nel quale si gode del paesaggio, dei profumi e del bel sound, mixati alle good vibration del Milwakee Eight. Poi, quando e se si vuole, ci si può impegnare quel tanto che occorre per danzare tra le curve con armonia, sfruttando una direzionalità che non ci si aspetterebbe da un bestione del genere.

Bene, questa prova è stata una bella esperienza, ma non vuole sembrare una incondizionata dichiarazione di amore, sia chiaro:

– le leve di freno anteriore e frizione sono distanti dal manubrio e non sono regolabili;
– la protezione aerodinamica non esiste e quando piove, in sella alla Breakout è come navigare col mare in tempesta;
– il rivestimento della sella, ha lasciato passare acqua piovana che ho ritrovato sui miei pantaloni il giorno dopo. Indovinate in quale comodissimo punto?
– il prezzo è senza dubbio impegnativo. E’ comunque noto a tutti quanto le Harley resistano alla svalutazione negli anni, vivendo di luce propria fuori da ogni schema, da ogni tempo, da ogni moda.

Considerazioni come queste, è giusto e importante raccontarle, però vi invito ad una ultima riflessione.

Chi sceglie di vivere la propria passione in sella ad una Harley Davidson Breakout 117, è davvero interessato a precisazioni come queste??? Oppure, preferisce immergersi senza pensare troppo in questo puro, bellissimo e godurioso stato d’animo a due ruote???

Bene, siamo d’accordo. Buon Viaggio!

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