Harley-Davidson Dyna Low Rider, prova su strada

Iconico modello HD che sorprende nella guida

Harley-Davidson FXDL Dyna Low Rider: Da un’Harley ti aspetti una moto comoda, ma poco a suo agio tra le curve tortuose. Dopo aver provato la Low Rider possiamo dirvi che, almeno in questo caso, entrambe le aspettative sono state smentite. La posizione in sella, quantomeno nella configurazione standard, non è infatti delle migliori e alla lunga è affaticante. Di contro ci ha saputo regalare non poche emozioni nei percorsi più tortuosi, grazie alla gran coppia del 1.690 e soprattutto alla ciclistica davvero sorprendente. Stupefacente la frenata, che pecca solo nell’intervento dell’ABS, troppo invasivo ed evidente in alcune situazioni con bassa aderenza.

Estetica e finiture:

Rating: ★★★★★ 

Nel rispetto del modello del 1977 riesce ad essere moderna grazie alle ultime novità
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Che le si ami o meno fermarsi ad osservare moto come questa è una gioia per tutti. I contrasti tra cromature e parti verniciate in nero opaco, la cura per il dettaglio ed i richiami a loghi e nomi che fanno parte della storia sono un piacere in cui Harley-Davidson svetta sulla concorrenza. Anche gli pneumatici, rigorosamente con il marchio di Milwaukee, indipendentemente dal fornitore, rendono l’idea di quanto il mondo HD sia particolare. La FXDL Dyna Low Rider, dei tanti modelli di Harley (tra versioni speciali e standard il numero passa di gran lunga la soglia di 50 e c’è da perdersi tra le sigle ed i nomi) è uno dei più iconici. Nato nel ’77, è stato recentemente rivisto, come quasi tutta la gamma, con importanti novità, ma senza stravolgere l’aspetto e una storia che continua da oltre 30 anni, anche se in Italia è tornato lo scorso anno dopo un periodo di latitanza. Sono nuove le pedane, con una posizione più comoda per i piedi di chi la guida, la sella ha 2 posizioni grazie ad uno schienalino rimuovile, ma gli interventi più importanti riguardano la ciclistica, con il doppio disco per i freni all’anteriore oltre alle sospensioni con tarature e configurazione tutte nuove. Se ci si ferma a guardarla, e vi assicuriamo che non ci si stufa mai di farlo per il gusto di apprezzare dettagli che, ad esempio, al variare della luce risaltano più o meno di altri, quello che colpisce maggiormente sono le tante e belle cromature. Il propulsore 103 Cubic Inches è un trionfo di parti lucide accostate ad altre nere opache, verniciate con finitura ad effetto raggrizzante. Anche la parte alettata dei cilindri crea un bel contrasto tra la superficie verticale in vista lucidata e la parte orizzontale nera. I collettori solo apparentemente sono cromati, perché in realtà i tubi veri sono sotto ad una copertura cromata che serve per dissipare il calore ed evitare la “cottura” della gamba destra mentre si guida. Al solito gli elementi verniciati, oltre al telaio nero lucido, sono i due parafanghi, rigorosamente in metallo, ed il serbatoio. Quest’ultimo è un elemento centrale della Low Rider, caratterizzato da una porzione in tinta, in grigio nel nostro caso, percorsa da una fascia centrale nera opaca in cui sono incastonati i due strumenti circolari. Dei due tappi quello vero è il destro, l’altro è un alloggiamento coreografico dell’indicatore del livello del carburante. Sui fianchi il serbatoio è invece verniciato di nero, con bordatura rossa, stesso colore con cui è realizzata la scritta Harley-Davidson. Passarci la mano senza sentire alcun gradino tra i vari strati di vernice è sintomatico della qualità di queste verniciature, vere e proprie opere d’arte d’altri tempi. Ogni dettaglio meriterebbe una descrizione precisa, perché nulla è lasciato al caso come su altre moto potrebbe sembrare. Come ad esempio il faro anteriore con il piccolo logo al centro, oppure la pregevole raggiatura dei cerchi con canale lucido. Il manubrio è montato su una struttura completamente regolabile, e sui due blocchetti monta i tasti tra cui le frecce separate destra e sinistra (si disattivano premendole una seconda volta) ed il tasto Trip con cui scorrere tra le funzioni del computerino di bordo. Particolare la scelta di inserire tra le varie opzioni, ciascuna delle quali è visibile alternativamente alle altre, la marcia inserita, solitamente sempre in vista quando prevista. Il blocchetto di accensione, abbinato ad un comodo sistema Keyless, è sulla sinistra, sotto al serbatoio e nella “V” dei cilindri, incastonato in un elemento in plastica nera che richiama il logo Harley stilizzato. Il bloccasterzo dal sapore d’altri tempi è invece separato e posizionato direttamente sul canotto, sul lato destro, ma funziona sempre con la medesima chiave con cui si blocca il manettino del blocchetto di accensione. L’unico elemento che non ci ha convinti è il cavalletto. Dal punto di vista estetico è ben curato ed è dotato di una comoda funzione di blocco quando la moto lo carica, risulta essere però arretrato e poco comodo da cercare con il piede.

Motore e prestazioni:

Rating: ★★★★½ 

Esagerato nella cilindrata, ma con l’elettronica ad addomesticarlo
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In campo motori gli americani non lesinano certo con le cilindrate. Harley è un mito USA e non può certo fare eccezione. Nata 1.200 nel 1977 prendendo il motore della Electra Glide (ma privo di avviamento elettrico perché la Low Rider doveva essere meno “educata”), la cubatura è poi cresciuta a 1.340 nel 1982. In tempi più recenti dal 1999 è stata dotata dell’88 pollici cubi (equivalenti a 1.450 cc), diventati 96 (1.584 cc) nel 2004, con la versione rimasta in produzione fino al 2009. Lo scorso anno la Low Rider è riapparsa nei listini, con l’occasione con il 103 da 1.690 cc e 126 Nm a 3.500 giri. La potenza a libretto è di 76 cavalli circa, dato che fa riflettere sull’evoluzione subita da questo modello, passato da poco più di 40 cavalli (stimati perché le potenze all’epoca non erano quasi mai dati dichiarati ufficialmente) ad una potenza quasi doppia. Oltre a questo i cambiamenti sono stati di quelli davvero epocali. Negli anni ’70 le HD non erano esattamente al top come affidabilità, ora le cose sono decisamente cambiate. Ci riferiamo alla qualità costruttiva migliorata dalla seconda metà degli anni ’80 in poi, ma soprattutto all’elettronica e alle ultime novità figlie dei programmi di sviluppo che HD ha dedicato a tutta la gamma, in modo analogo a quanto fatto con il progetto Rushmore specifico per i modelli Touring. Così il 1.690 è inaspettatamente docile e regolare nell’erogazione, oltre che parco nei consumi, di gran lunga oltre alle previsioni che si potrebbero fare leggendo i numeri di cilindrata e peso della Low Rider. A parte una generosa vibrazione sulle pedane intorno ai 2.000 giri, 90 Km/h in sesta, è anche promosso da questo punto di vista. Prima e dopo infatti, basta spostarsi di 200-300 giri da questo regime, ne è praticamente privo. Ha un allungo che non ti spetti, che spinge la moto ben oltre i 180 Km/h indicati, mentre riprende deciso fin dai bassi, con una regolarità che fa quasi scalpore, qualsiasi sia il rapporto inserito. Merito soprattutto della iniezione elettronica sequenziale (ESPFI), oltre che di accorgimenti tecnici quali il sistema di rilascio automatico della compressione (ACR). La trasmissione è la Cruise Drive a 6 rapporti, con innesti secchi, con i classici “stock” delle Harley di grossa cubatura, ma decisamente più preciso ed addomesticato dei modelli del passato. La potenza è sufficiente anche per divertirsi, la coppia è quella di un’auto media, scaricarla sulla gomma posteriore può significare metterla in crisi. Non diciamo che serva il controllo di trazione, perché sarebbe una bestemmia, ma un po’ di attenzione se si spalanca il gas a moto inclinata in uscita di curva è sempre meglio averla. Nelle partenze da fermo è impossibile far alleggerire l’anteriore, cosa che con le Touring ed addirittura con il Trike ci era riuscita, ma le virgole del posteriore sull’asfalto si lasciano facilmente quando si parte “allegri”. Al solito il sound del 103 è smorzato dalle esigenze per l’omologazione, a nostro avviso moto come questa meritano sempre uno scarico aftermarket, magari di quelli con valvola elettrica con comando al manubrio, in modo da poter essere educatamente silenziosi in contesti pubblici, ma potendo sfogare il desiderio di far cantare il motore nel migliore dei modi quando si è invece in mezzo al nulla e non si da fastidio all’udito di nessuno.

Guida e maneggevolezza:

Rating: ★★★★☆ 

Una sorpresa tra le curve ed in staccata
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Lo abbiamo detto in apertura, la Low Rider ci ha stupito principalmente per due aspetti: uno positivo, l’altro negativo. Partendo dai pregi è inaspettatamente divertente e piacevole da guidare. Complice una ciclistica che ha saputo evolversi con migliorie non appariscenti, ma davvero importanti quando la si guida, tra le curve è a suo agio come forse nessun’altra Harley. Di contro se ci si aspetta una moto comoda, con cui andare in capo al mondo con un filo di gas, lo si può fare, però non si viaggia in top class. La posizione è troppo raccolta, anche se le pedane sono state spostate in avanti di ben 51 mm. Alla lunga la cosa si fa sentire, si scende piuttosto provati se si resta in sella per un po’ di tempo senza soste. In realtà la sella ha uno schienalino che, se rimosso, permette di arretrare la seduta di 38 millimetri. Non abbiamo avuto però la possibilità di farlo, perché non ci eravamo dotati del cacciavite necessario per smontare la sella, sotto alla quale sono disposti i i due agganci dello schienalino. In modo analogo ed abbastanza semplice, in autonomia o presso un’officina, ci si può cucire addosso la moto con le regolazioni del manubrio. Con questi due accorgimenti Harley-Davidson dichiara che la Low Rider è idonea ad ospitare senza problemi persone di qualsiasi statura, dal metro e cinquanta fino ad oltre uno e novanta. Il gran piacere di guida è figlio dello sviluppo della ciclistica, ora basata su una forcella con steli da 49 mm, ammortizzatori posteriori regolabili nel precarico, gomme Michelin Scorcher, con un 100/90B19 davanti ed un 160/70B17 dietro, ma soprattutto si apprezza l’impianto frenante che all’anteriore vede la grossa novità del doppio disco, come era solo sui modelli al top in passato, abbinato di serie all’ABS. La frenata è a dir poco sorprendente e cancella di colpo i 302 Kg in ordine di marcia. La forcella affonda rapidamente nella prima porzione della sua escursione, per poi iniziare a contrastare come si deve il trasferimento di carico. Mai ci era capitato di cercare la staccata con una HD, ma con la Low Rider ci si può levare anche questo sfizio. Con un po’ di attenzione al sistema ABS, che se normalmente svolge in modo egregio il suo lavoro, in alcune occasioni ha mostrato qualche limite. Nello specifico, usando il solo freno anteriore, se l’aderenza non è ottimale allunga troppo le frenate. Ne abbiamo avuto la conferma provando a staccare su una strada bianca. Per fortuna la stazza è tale per cui con il freno posteriore si può aiutare l’anteriore evitando di finire lunghi. Anche in città e da fermo la Low Rider si guida e si manovra facilmente, perché la sella è alta da terra solo 680 mm.

Prezzo e consumi:

Rating: ★★★★½ 

Parte da 16.600 euro ed ha una straordinaria capacità di conservare valore nel tempo
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La doppia colorazione del serbatoio, una chicca di cui vi abbiamo raccontato nella nostra prova, vale 700 euro sul valore di acquisto, con un listino che parte da 16.600 euro per la Vivid Black, 16.900 per altricolori e sale appunto a 17.300 per le bicolori Silver/Vivid Black di queste foto e per la Amber Whiskey/Vivid Black. Per colorazioni speciali, e qui HD permette di fare veramente di tutto con risultati sensazionali, si arriva a 18.000 euro. L’ABS è di serie ed è un prezzo che se in assoluto non è propriamente economico ci è apparso piuttosto contenuto per essere di fronte ad una Harley-Davidson con il 103 pollici ed un’estetica davvero di pregio. Oltretutto le moto di Milwaukee sono leader assolute in quanto a capacità di conservare valore nel tempo. Basta farsi un giro sui siti di annunci per capire che una Low Rider usata non si trova a molto meno del listino di oggi, anche andando indietro di molto con l’anno di prima immatricolazione. Con una cilindrata di 1.690 e una mole di 302 Kg in ordine di marcia ci si potrebbe aspettare un consumo da auto media, invece le magie della iniezione elettronica ed altri accorgimenti che incrementano l’efficienza del propulsore e riduco gli assorbimenti dati da trascinamenti delle parti meccaniche, consentono di ottenere un dato dichiarato di 5,5 litri ogni 100 Km percorsi, con un consumo rilevato durante la nostra prova di oltre 16 Km/l. Si può fare di meglio, perché noi non ci siamo proprio limitati con la manetta del gas, i 18 sono probabilmente il valore medio intorno al quale la Low Rider si stabilizza nell’utilizzo più normale. Se pensate che sono valori analoghi ad un T-Max che abbiamo provato proprio in queste settimane non c’è male…

PRO E CONTRO
Ci piace:
Un modello iconico con una estetica superba, con una ciclistica che non ti aspetti ed un motore ricco di coppia e molto regolare

Non ci piace:
ABS che allunga troppo sulle sconnessioni frenando solo con l’anteriore, posizione di guida troppo raccolta

Harley-Davidson Dyna Low Rider: la Pagella di Motorionline

Motore:★★★★½ 
Maneggevolezza:★★★★☆ 
Cambio e trasmissione:★★★★½ 
Frenata:★★★★½ 
Sospensioni:★★★★½ 
Guida:★★★★☆ 
Comfort pilota:★★★½☆ 
Comfort passeggero:★★★½☆ 
Dotazione:★★★★☆ 
Qualità/Prezzo:★★★★½ 
Linea:★★★★★ 
Consumi:★★★★½ 

Abbigliamento del test:
Giacca: Spidi Street Tex jacket
Pantaloni : Furious Tex JEANS
Scarpe: Xpd X-ZERO H2OUT
Guanti: Spidi Jab RR
Casco: Caberg Freeride UK

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