Yamaha MT-10 SP 2024: Fighter evoluta [PROVA SU STRADA]
Esteticamente sbilanciata nei volumi, ma con un motore esaltante
Yamaha MT10-SP – “The dark side of Japan” si può dire? Ah no?! Da quando la famiglia MT – Master of Torque – ha invaso il mercato ormai più di 10 anni fa, questo statement voluto dai giapponesi ha spopolato in ogni dove. Lei è la nuda firmata Yamaha più potente di sempre, nonché capostipite della razza: stiamo parlando della MT-10 SP, derivata della R1M ma spogliata dalle carene e con una potenza più gestibile. Come la sorella dall’indole corsaiola, non risparmia emozioni da cardiopalma grazie al poderoso propulsore CP4 ed alle inedite sospensioni Öhlins smart EC 2.0, entrambi ereditati dalla R1M poi debitamente sottoposti alle dovute modifiche per meglio adattarsi alla nuova destinazione d’uso.
Iwata mostra i muscoli
Il contatto visivo non lascia spazio a incertezze: o la ami o la odi. Sgraziata nei volumi, con la sezione anteriore molto larga e dominante rispetto alla coda, leggera e nemmeno troppo “puntata” verso l’alto come ci hanno abituato i designer di oggi, la MT-10 SP attira gli sguardi per il suo “transformer look” che non la farebbe affatto sfigurare al fianco dei robot protagonisti della famosa serie ideata da Michael Bay. E quindi? A noi piace, e tanto. Perché lo stile è individuale ed aggressivo, a partire dal cupolino fissato al telaio che integra i fari a led twin-eye con fascio abbagliante e anabbagliante separati, sovrastati dalle luci DRL – che sembrano delle sopracciglia – e dal minuscolo windscreen che ha solo la funzione di contenere la strumentazione. Ai lati del serbatoio molto ben sagomato, ecco le prese d’aria dinamiche che (oltre ad allargare la moto soprattutto a livello visivo) hanno una griglia nella parte superiore in modo da esaltare il suono del CP4 in aspirazione, restituendolo direttamente al rider che si trova ancora più coinvolto alla guida della nuda di Iwata. Il puntale situato sotto al radiatore è una prerogativa della versione SP e aiuta a rendere ancor più accattivante il look che viene completato nella parte posteriore dal codino che, forse, avrebbe potuto essere oggetto di uno studio estetico più esaltante, visto soprattutto l’impatto che si ha quando ci si trova faccia a faccia con il musone della MT-10 SP. Le velleità sportive della jappo non vengono celate nemmeno dall’esclusiva colorazione Icon Performance, chiaramente ispirata allo schema grafico che caratterizza la R1M, icona storica della casa rappresentata dai diapason incrociati. Poche sovrastrutture e tanta meccanica a vista, con la tinta oro dei componenti Öhlins in risalto… e siamo pronti a comandare!
Everyday racer. Öhlins approved
Molti scelgono le naked perché sono comode, hanno un raggio di sterzo che permette di destreggiarsi anche nel traffico cittadino e, quando arriva il week end, si trasformano nelle compagne ideali per le gite fuori porta. Chi sceglie una MT-10 SP può tranquillamente aggiungere alla lista di cose fattibili, la partecipazione ai track-day: la caratteristica principale di questo modello, infatti, sono le inedite (la MT-10 SP è la prima nuda di Yamaha ad adottarle) sospensioni semiattive firmate Öhlins, una garanzia quando si cerca una combinazione che sia idonea alla guida su strada ed in pista. Derivate dalla R1M ma riviste per l’impiego su una nuda, offrono una gamma più ampia di regolazioni di smorzamento per un grado di risposta adattabile alle condizioni della strada e delle preferenze personali. Sono 3 le modalità semiattive tra le quali scegliere: grazie ai dati raccolti dalla IMU, il sistema di calcolo regola estensione e compressione in base alle condizioni di marcia che vengono recepite dal controllo elettronico. A-1 risulta essere la configurazione più sportiva, ideale per fondi lisci o in pista; la A-2 è un ottimo compromesso per la maggior parte degli utilizzi, dal commuting urbano alle uscite “sportive” nel week-end. Infine, la modalità A-3 è ideale per fondi difficili o asfalto irregolare: assorbe ogni asperità ma è fin troppo morbida e rischia di incidere sul piacere di guida globale della moto. Sono tre anche le modalità di regolazione manuale e sono contrassegnate dalla lettera M appunto: basta accedere al menù dedicato per agire manualmente sui parametri disponibili per regolare secondo le proprie sensazioni forcella e mono posteriore. Per avventurarsi in questo mondo serve un minimo di conoscenza delle dinamiche di guida e dei cambiamenti che i click virtuali possono apportare alle sospensioni per capire se si sa andando nella direzione giusta con le regolazioni; fortunatamente, riportare tutto alle impostazioni di fabbrica è molto semplice!
In sella come a casa
A cavallo della MT-10 SP si percepisce quella lieve inclinazione in avanti che ti permette di avere il pieno controllo della situazione. La sella – con un imbottito più duro rispetto alla MT normale – posta a 835 mm da terra, è comoda e fornisce tanto grip anche nelle accelerazioni più brutali, mentre le gambe “abbracciano” il serbatoio sagomato con la maestria di un samurai giapponese. Il manubrio nero anodizzato a doppia sezione è largo il giusto e, le mani, afferrano le manopole portando lievemente il busto in avanti: i piedi sono sulle pedane e nel momento in cui si parte, apprezzare la triangolazione perfetta studiata dagli ingegneri di Iwata, è questione di secondi. I blocchetti sono uguali a quelli della R1M e permettono tutte le varie regolazioni a patto che la moto sia ferma: su quello sinistro troviamo il cruise control (esattamente!) e la slitta di navigazione; su quello destro, invece, la rotella che – tenuta premuta – permette di accedere ai vari menù, navigabili poi ruotandola nelle due direzioni.
YRC settings è quello più interessante e, una volta entrati, vi troverete davanti tutte le possibilità di personalizzazione delle mappe (sono 4): i dati vengono visualizzati sul display TFT da 4,2” che è esattamente quello della sorella carenata, ordinato e ben leggibile in ogni condizione di illuminazione. La dotazione elettronica è davvero completa e fa affidamento sulla classica IMU a 6 assi e due sensori di misurazione; troviamo il Traction Control sensibile all’angolo di piega, lo Slide Control (SCS – che non induce la derapata ma la previene), l’anti-Lift (LIF), la regolazione del freno motore (EBM) su due livelli ed il Brake Control (BC). Tutti questi parametri, preimpostati dalla casa e combinati sotto forma di 4 Power Modes selezionabili dall’utente in base alle proprie esigenze, sono riuniti sotto alla voce YRC – acronimo di Yamaha Ride Control – e permettono di cambiare il temperamento della MT10-SP con la pressione di un tasto. Non mancano ovviamente l’acceleratore Ride-By-Wire ed il Quick Shift System, un cambio elettronico talmente ben tarato da funzionare in maniera perfetta anche a basso numero di giri.
Crossplane pleasure
Il solidissimo telaio Deltabox a diamante abbinato al lungo forcellone in alluminio, utilizza il motore CP4 come elemento stressato. CP, acronimo di Crossplane, conosciuto anche come big bang, è un autentico generatore di coppia, soprattutto sulla MT-10 SP. Yamaha qui, non ha puntato ai meri numeri da banco quanto più ad offrire un’esperienza di guida totale: la sigla MT sta per “Master of Torque” e infatti, di coppia, ne abbiamo da vendere. Sono 112 gli Nm erogati a 9.000 giri/min, mentre, sono 165,9 a 11.500 giri/min i cv che questo possente motore a scoppi irregolari riesce ad erogare. Potremmo stare qui a snocciolare i dati ed il funzionamento della tecnologia scelta dal colosso nipponico ma, proprio come Yamaha, preferiamo sicuramente parlarvi dell’esperienza di guida a bordo di questa autentica streetfighter, coinvolgete ed esaltante al tempo stesso.
Come va
Il cupolino fissato al telaio è segno distintivo della volontà di Yamaha di rendere la MT-10 SP quanto più sportiva possibile. Il mercato in questo segmento è popolato da supernaked che, ormai, passano di slancio i 200 cv e, se non lo fanno, presentano comunque configurazioni estreme, dotazioni derivate dalla pista e quote decisamente più spinte. Qui invece ci troviamo davanti ad una moto che può accompagnarvi in giro ogni giorno, proprio come ha fatto con me, rivelandosi una compagna di viaggio perfetta. E’ cortissima: il suo interasse di soli 1.405 mm la rende la più compatta della categoria, a tutto vantaggio della maneggevolezza e dell’agilità tra le curve. Agilità che in realtà non è ai vertici della categoria perché nei cambi di direzione su misto stretto, non è un fulmine di guerra e richiede una certa fisicità per entrare ed uscire veloci dalle curve. Niente di problematico, sia chiaro, soprattutto considerando che non è mai nervosa a livello di manubrio e la sensazione di avere l’anteriore in mano è sempre netta. Il focus però, è sulle sospensioni semiattive Öhlins Smart EC 2.0 e sulle mappature che i tecnici hanno previsto per questa performante versione: la modalità A-3 è decisamente molto morbida, ideale per la guida in città, sullo sconnesso o comunque su fondi stradali accidentati ma, appena possibile, scegliere la A-2 è la cosa migliore che si possa fare. Un ottimo compromesso che permette alla MT-10 SP di viaggiare in piena sicurezza e reattività nel quotidiano, anche quando si ha intenzione di aumentare l’andatura.
Quando poi lo scopo è il divertimento estremo e la strada o la pista lo consentono, la scelta cade obbligatoriamente sulla modalità A-1 ossia quella più sportiva, progettata per restituire un feeling di guida reattivo e preciso. Bisogna considerare che il cuore pulsante è sempre il poderoso CP4 che, come dicevamo prima, spinge forte soprattutto fino agli 8/9.000 giri, regime che spesso non vale la pena superare perché il meglio lo da proprio attorno a quel range. Con il Power Mode 1, la spinta è violenta perché il motore è allo stato brado, la ruota anteriore punta facilmente al cielo e le marce entrano una via l’altra grazie al Quick Shifter che non funziona bene, di più! La prima volta che si prendono in mano i freni e si agisce con violenza sulla pompa radiale Brembo, invece, ci si aspetterebbe più mordente e soprattutto più immediatezza tra la pressione sulla leva e la risposta dei doppi dischi da 320 mm presenti sull’anteriore, soprattutto considerando che la SP è dotata di serie di tubi in treccia. Il Mode 1, nel quotidiano, è addirittura troppo “violento” motivo per il quale passare alla “fase 2” potrebbe essere un’ottima scelta per divertirsi ad ogni manata di gas ma senza quella sensazione di decollo immediato che ci piace sì, ma non in tutte le circostanze. I Mode 3 e 4 sono studiati per fornire risposte fluide e conservative, permettendo a chiunque di guidare la regina delle MT, uscendone comunque indenne. N.D.R.: “Mode 1 attivo, TC a 1, Anti-Lift disabilitato, Slide Control al minimo e Brake Control impostato sul livello meno invasivo, sono la combo definitiva per scatenare un vero e proprio party di endorfine!”
Conclusioni e prezzo
“Ma alla fine, mi conviene comprare la versione SP rispetto alla MT-10 normale?” Assolutamente sì. E non per i tubi freno in treccia o per il puntale multiforme: la chiave di svolta sono le sospensioni semiattive Öhlins Smart EC 2.0. Un upgrade che vale tutti i 3000 Euro in più rispetto alla versione base, attestando così il prezzo della MT-10 SP – disponibile nella sola tinta Icon Performance – a 19.299 Euro. Non sono cifre alla portata di tutti ma il benchmark di categoria, ormai, è questo. Oltre a tessere le lodi della maxi naked di Iwata, ci sono anche due cosine che non ci hanno entusiasmato, a partire dall’impianto frenante che – pur vantando tubi in treccia – manca di mordente soprattutto nella prima parte di azionamento della leva; nel misto stretto invece, viene a mancare un po’ di agilità e, per concludere, se avete la mano pesante, i consumi si fanno sentire. Certo è che 166 cv chiamano il divertimento e, in questo segmento, il divertimento si paga… esattamente come si paga il bellissimo scarico Slip-On Akrapovic del valore di 1.260 Euro che Yamaha ha montato sull’esemplare in prova (da aggiungere al prezzo di acquisto della moto, ovviamente). Con lui però, la voce del CP4 esplode e in omaggio ci sono poderosi scoppi in rilascio e le caratteristiche “fucilate” ad ogni cambio di marcia, tipiche di questo propulsore. Soldi ben spesi, insomma.
Dimensioni: lunghezza 2100 mm; larghezza 800 mm; interasse 1405 mm; altezza sella 835 mm; avancorsa 102 mm
Motore: Crossplane 4 cilindri, 4 tempi, raffreddato a liquido, DOHC, potenza max 165,9 cv a 11.500 giri/min, coppia max 112 Nm a 9.000 giri/min
Cilindrata: 998 cc
Cambio: a 6 marce
Peso: 215 kg con tutti i liquidi e il pieno di benzina
Sospensione anteriore: Forcella Öhlins Smart EC 2.0
Sospensione posteriore: Mono Öhlins Smart EC 2.0
Impianto frenante: Ant. a doppio disco 320mm, post. disco singolo 220 mm
Pneumatici: Bridgestone Battlax S22 120/70 ZR17 – 190/55 ZR17
Capacità serbatoio: 17 lt
Consumo: 6,83 L/100km
Prezzo: 19.299 € f.c.
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