Quadro 350S – prime impressioni di guida
Il rinnovato tre ruote svizzero alla conquista del mercato italiano
Di sicuro i mezzi a tre ruote non lasciano indifferenti. Ogni volta che si inizia a chiacchierare di questo tema, soprattutto tra motociclisti, la discussione finisce per sollevare una polemica, con lo scontro tra differenti scuole di pensiero. I “puristi” non esitano a denigrare questa tipologia di veicolo, appellandolo come “triciclo”, con cui possono piegare tutti, perchè “ha le rotelle”, ma che poi si è costretti a subire il traffico come le auto perché ingombrante. Sembra un’onta per un motociclista guidarlo. In realtà un tre ruote ha molti più vantaggi, e solo alcuni svantaggi. Il più grosso è che tecnicamente è più complesso e quindi costoso e che, a livello di guida può risultare più impegnativo di una moto in alcune situazioni limite ed è certamente meno maneggevole. Ma non tanto perché più grande, questo è un falso mito, perché è ovviamente il manubrio il punto più largo, tanto di una moto, quanto di un tre ruote. Piuttosto il problema è che le particolari sospensioni “sostengono” il mezzo, questo è un vantaggio in molte situazioni, ma lo rende tendenzialmente più pesante nella guida. Queste caratteristiche accomunano tutti i tre ruote sul mercato, ma ognuno ha poi le sue peculiarità, perché le soluzioni tecniche sono molto differenti tra di loro. L’occasione di provare il Quadro 350S, nuovo modello, evoluto e migliorato rispetto al precedente, ci incuriosisce molto. Finalmente possiamo valutare in prima persona questo tipo di veicolo. La Quadro è una giovane azienda ancora poco nota ai più, anche se detiene già una importante quota del mercato dei tre ruote, il 18% a livello europeo, il 25 in Francia, paese che detiene il record del maggior successo di questi veicoli. Il marchio svizzero, con sede appena oltre il confine con l’Italia, è nato nel 2011 da uno spin-off della Marabese Design, nota anche per aver sviluppato il progetto del primo tre ruote di successo, il Piaggio MP3. Luciano Marabese, lo ricordiamo, lavora su sospensioni innovative dal lontano 1982, restano famose alcune sue soluzioni davvero particolari, come, ad esempio, la forcella monobraccio della CX del 1991. Al noto designer italiano, che ha collaborato in passato, e per oltre 20 anni, con i principali brand italiani nel settore motociclistico, si sono affiancati i due figli, Riccardo e Roberto, per sviluppare un progetto tutto dedicato ai tre ruote e presto anche ad un rivoluzionario motociclo a quattro ruote, ulteriore evoluzione della specie. L’azienda è piccola ma pensa in grande, grazie all’aiuto di investitori privati è finanziariamente solida e punta a guadagnare importanti quote di mercato. Ad oggi è già presente in 26 paesi, con oltre 400 punti vendita. In Italia sono 37 ma l’obiettivo è di raggiungere gli 80 nel 2014. L’arma vincente sembra essere il sistema HTS, acronimo di Hydraulic Tilting System, brevetto esclusivo e, almeno sulla carta, grossa evoluzione rispetto alla concorrenza. I modelli con cui si confronta sono i noti Piaggio Mp3 e Peugeot Metropolis. Anche all’occhio dei meno esperti, le differenze sono molto evidenti, soprattutto rispetto al modello italiano, che ha due forcelle quasi del tutto indipendenti tra di loro.
Il Quadro è invece dotato di un sistema oleo-pneumatico con ruote interconnesse, una soluzione con caratteristiche più simili ad un’auto che a una moto, da molti punti di vista. Il peso ridotto, di circa 200 kg, rappresenta uno dei vanti del 350S, soprattutto se raffrontato con i concorrenti, accreditati anche di 40-60 kg in più. Rispetto alla precedente versione i miglioramenti sono consistenti. Sono 21 le novità, a conferma del lavoro di attento affinamento che è stato fatto. Il progetto è italiano, la sede svizzera, la produzione avviene però a Taiwan, come sempre più spesso accade. Con l’eccezione dell’impianto frenante, di provenienza spagnola, e del sistema HTS, prodotto nel nostro paese. Occorre però sottolineare che il livello qualitativo è molto buono, a dimostrazione del costante controllo e della stretta collaborazione tra i responsabili che lavorano qui in sede e la produzione in Asia. Ci ha infatti raccontato il direttore tecnico Claudio Consonni, uomo con alle spalle una lunga esperienza in Yamaha, che nell’ultimo anno ha trascorso praticamente più tempo a Taiwan che a Vacallo, sede della Quadro a pochi passi da Chiasso. Il trasferimento del suo know-how alla catena di produzione ha portato a risultati davvero buoni, ad osservare il 350S da vicino. Anche se alcuni particolari sono ancora migliorabili. Se la qualità delle plastiche e degli accoppiamenti è ottima, ci hanno lasciato poco convinti, ad esempio, il portaoggetti sul tunnel centrale e i due indicatori della temperatura esterna e del liquido di raffreddamento motore, quasi del tutto illeggibili una volta usciti all’aperto. Completamente nuovo il propulsore, ora divenuto un “350 pieno”, con i suoi 346cc, passatto da 2 a 4 valvole e con 27 cavalli, autolimitato a 8 mila giri e 130 Km/h effettivi, circa 140 indicati sul tachimetro. Il 350S ha due ruote da 14 all’anteriore e una da 15 al posteriore, con doppio disco da 240 mm all’anteriore e singolo da 246 al posteriore. Il sistema frenante prevede tre comandi. Quello a pedale comanda entrambi i circuiti, la leva destra solamente quello anteriore, e quella sinistra il freno posteriore inizialmente e, con una pressione maggiore, agisce anche all’anteriore. Tutto questo con un ripartitore di frenata che unisce appunto i due circuiti e che, a volte, rende la risposta dei freni “atipica” per un motociclista. L’effetto della pressione su una leva si sente infatti, in modo evidente, sull’altra. Uno scotto da pagare a fronte di un grosso vantaggio. Si guida infatti con la normale patente B, quella per l’auto, perché grazie all’adozione del freno a pedale rientra in una classe differente dalle motociclette. Può utilizzare qualsiasi tipo di motorizzazione, senza l’obbligo della patente A, e di dover quindi sostenere ulteriori esami per il conseguimento della stessa, come invece avviene per gli scooteroni. Il sistema di parcheggio agisce sulle sospensioni e sui freni, in modo meccanico. Si è optato per questa soluzione, anziché su un comando elettronico, per evitare appunto una complicazione aggiuntiva, oltre che problematica nel caso di guasto elettrico o, banalmente, di una batteria scarica.
Dopo una presentazione così completa la curiosità è ancora maggiore, come si guida il 350S? Il percorso previsto per noi è di circa 60-70 km, a cavallo tra Italia e Svizzera e su strade tortuose, piene di curve e dislivelli. Riccardo Marabese ci tiene a sottolineare il fatto che il loro veicolo sia adatto anche a questo, a divertirsi nel cercare “la piega”, oltre che essere la soluzione perfetta per il guidatore neofita, di gran lunga più sicuro, soprattutto su fondi bagnati, rispetto ad un normale scooter. Ci indica in una ventina di km il periodo di apprendistato, necessario per capire come guidare un veicolo che, per alcune sue caratteristiche, risulta essere inizialmente “strano” da guidare. Scegliamo il nostro esemplare tra quelli disponibili e partiamo. La sorpresa è che si guida, almeno così è per noi, in modo molto più naturale del previsto. Rassicurati da quanto ci è stato raccontato iniziamo subito a cercare di buttarlo giù, e scopriamo quasi subito quanto le potenzialità del 350S, almeno su fondi asciutti, siano ben più elevate di quanto non gli venga consentito dai limiti fisici. In pratica l’angolo di piega è limitato, da due tamponi, a 45°, perché oltre si inizierebbe a “grattare” con il cavalletto e con tutto il resto della meccanica. Una volta trovata la misura è facile percorrere tutte le curve a questa angolazione, facendo attenzione a non andare oltre. Non tanto perché si rischi di cadere, cosa che ci è apparsa quasi impossibile, ma perché si “rimbalza” sui tamponi, con un conseguente allargamento della traiettoria. L’unica cosa che richiede un minimo di pratica è adattare la propria guida alle reazioni del veicolo. Tende ad allargare leggermente rispetto a quanto non si vorrebbe, anche perché, sembra una banalità ma non lo è, davanti ci sono due ruote, non una. Anche se l’azione è più simbiotica rispetto ai concorrenti, dato che qui le ruote contribuiscono quasi in egual misura a scaricare il peso del veicolo a terra, è normale che sia quella esterna a “guidare”, mentre razionalmente si imposta la curva come se vi fosse una ruota sola, a metà tra le due. Durante il test abbiamo provato a guidare il Quadro 350S in vari modi, sfruttando la particolarità e l’aderenza impressionante che le due ruote anteriori consentono. L’avantreno è così stabile che, su curve con asfalto un po’ viscido, ci siamo divertiti a farlo scodare con il posteriore aprendo in modo deciso il gas, con un controllo che sarebbe stato praticamente impossibile con una due ruote. Dopo una vita passata ad imparare ad essere precisi e delicati nella gestione dell’avantreno, pena la perdita di aderenza dello stesso ed il rischio di finire per terra, qui se ne possono fare di tutti i colori, senza il minimo pericolo. Abbiamo provato a guidarlo in modo più fisico, buttando il peso in avanti e all’interno, ma si fa solo fatica per nulla. Basta spingere dolcemente sul manubrio, e si scende in piega in modo naturale. Gli sguardi di chi abbiamo incrociato erano a metà tra la curiosità e lo stupore, qualcuno avrà pensato che guidavamo un triciclo, ma che pieghe che si fanno con i tricicli, il divertimento c’è, ed è alla portata quasi di tutti! La cosa meno naturale della giornata, a livello di guida, è stato risalire sul “normale” scooter che ci aspettava al nostro rientro. Tornare a guidarlo è stato più difficile del passaggio inverso, perché eravamo abituati alla resistenza che oppone il 350S e ci sembrava di cadere per terra in curva.
La curiosità resta quella di guidarlo sulle strade di Milano, tra il traffico, ma anche il pavè e le buche cittadine. Anche perché la sensazione è che le particolari sospensioni lavorino davvero bene in piega, ma siano rigide sulle asperità. E poi perché in questo primo test ci siamo divertiti a portarlo al limite, vorremmo provarlo anche nella normalità quotidiana. In conclusione possiamo dirvi che, ad una persona stufa di muoversi nel traffico con un’auto, che non abbia mai guidato una moto o uno scooter, lo consiglieremmo vivamente, senza il minimo dubbio. Non c’è ABS o controllo di trazione che tenga, una moto è un mezzo completamente diverso da un’auto, non si guida da sola ed il pilota è parte del mezzo stesso, se non si ha cognizione di causa si rischia di farsi male anche con andature prudenti, soprattutto tra i pericoli del traffico cittadino. Un piccolo sinistro con l’auto si rimedia quasi sempre con il conto del carrozziere, mentre i motociclisti si trovano con una altrettanto alta probabilità, a fare i conti con una caduta, possibili danni fisici, oltre quelli alla moto e agli abiti indossati. Con la doppia ruota anteriore l’aumento di aderenza è nell’ordine del 30% almeno rispetto alla singola. Un’ultima constatazione. Con uno scooter, a velocità autostradale o anche minore, lasciando il manubrio sul dritto è normale innescare uno sbacchettamento, più o meno accentuato a seconda dei casi ma sempre presente. Qui è impossibile, la stabilità è totale a qualsiasi velocità. Un altro punto a favore delle tre ruote e uno spavento in meno per un guidatore poco smaliziato. Il prezzo di listino di 6.990 euro, confrontato con i concorrenti costa qualcosina in meno, soprattutto alla luce del fatto che, visto il peso ridotto, è da confrontarsi con modelli di cilindrate superiori per ottenere prestazioni similari. Sono 4 i colori disponibili, una buona gamma di accessori opzionali che includono un parabrezza più alto, la coperta per la stagione invernale, i paraspruzzi per le ruote anteriori, che erano montati sugli esemplari del test ed un capiente bauletto da 50 litri, che va ad incrementare la già buona capacità di carico, con un grande vano sottosella, in grado di accogliere comodamente due caschi.
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