MV Agusta Brutale800 Dragster – prova su strada

Stupisce per l’estetica, ma c’è anche tanta sostanza

Saremo un Paese in crisi, ma in quanto a design e capacità di creare oggetti come la MV Agusta Brutale800 Dragster che ci apprestiamo a provare siamo ancora inarrivabili. Non ci sono giapponesi o tedeschi che sappiano reggere il confronto, siamo di fronte ad una moto che, almeno agli occhi di un appassionato, è un’opera d’arte, da eccitazione pura solo osservandola ferma sul cavalletto. Entrare al quartier generale di Schiranna (VA) di MV Agusta, quella che storicamente fu la sede di Cagiva, è un po’ come visitare un’isola felice. Non ci saranno gli ingenti capitali che sono alla spalle delle principali aziende concorrenti, ma si respira ancora il sapore della passione vera per le due ruote, qualcosa che al giorno d’oggi va scomparendo, sostituita dalle leggi del marketing e della pianificazione strategica. Lo stesso sapore che troviamo nella Dragster, che se da un lato è un concentrato di tecnologia, con motore ed elettronica al top, dall’altro lascia trasparire una originalità ed una artigianalità nella sua realizzazione ormai quasi uniche nel panorama motociclistico. Ancora oggi sulle MV è presente il logo del C.R.C., acronimo nato come Centro Ricerche Cagiva, la cui ultima lettera ora è abbreviazione di Castiglioni, visto che la storica marca della famiglia varesina è al momento “ferma ai box”. Da questa azienda di San Marino sono state sviluppate tutte le MV della recente produzione, dalla rinascita del 1997 con la F4 in poi, ma in precedenza altri modelli innovativi, divenuti pagine importanti della storia delle due ruote, sono nati proprio grazie alla loro progettazione, uno tra tutti la Ducati 916. Dopo la F4 nel 2001 fu la volta della Brutale, secondo ed ultimo modello di questa nuova fase produttiva. Purtroppo poi subentrarono le difficoltà economiche di un gruppo che comprendeva altri due marchi storici, Cagiva ed Husqvarna. Dopo la cessione di quest’ultimo a BMW Motorrad (che a sua volta se ne disfò di lì a poco, ma questa è un’altra storia), nel 2008 sembrava che l‘acquisizione di MV Agusta (incluso il marchio Cagiva) da parte di Harley Davidson potesse giovare alle sorti dell’azienda. Così non fu e, visti gli scarsi risultati ottenuti , dopo averla rilevata per circa 70 milioni di euro, fu “restituita” al prezzo simbolico di un euro alla famiglia Castiglioni dopo circa due anni. Il ritorno alle origini questa volta potrebbe aver sbloccato una situazione che appariva compromessa. Accantonato, almeno per ora, il marchio Cagiva, gli sforzi si sono concentrati su MV, con il ritorno alle competizioni e con il lancio di ben 4 nuovi modelli, F3 nel 2011 (nata come 675), Rivale e variante 800 della F3 nel 2013 e l’accoppiata Turismo Veloce e Brutale 800 Dragster nel 2014, anche se quest’ultima più che un modello è una rivisitazione, soprattutto estetica, della Brutale 800. Per ora i risultati sembrano arrivare, con una produzione più che raddoppiata dal 2010 (meno di 3.300) al 2013 (circa 7.500).

Estetica e finiture:

Rating: ★★★★★ 

L’arte a due ruote, con un lato B da Dragster che mozza il fiato
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Lo abbiamo detto, lo vogliamo ribadire: il gusto italiano non ha eguali, una moto così solo noi l’avremmo potuta creare. La cura del dettaglio estetico, la scelta dei materiali e delle soluzioni estetiche / tecniche, ma soprattutto le linee ed il look generale della Dragster sono spettacolari. Non importa se poi utilizzandola scopri che alcune soluzioni, belle esteticamente e che fanno parte di un risultato d’insieme certamente ben riuscito, sono tutt’altro che comode e funzionali. Un esempio sono gli specchietti, stile Hypermotard 1° serie, oltre che sporgere vistosamente dalla sagoma della moto, sono sostanzialmente inutilizzabili, perché si spostano continuamente in balia delle vibrazioni e dell’aria alle alte velocità. Si finisce per perdonarle qualche piccolo difetto, perché più la guardi e più corri il rischio di innamorartene. Alcuni particolari poi sono spettacolari, come quei semimanubri con apertura regolabile, che consentono di modificarne l’inclinazione di ben 7°, cambiando radicalmente la posizione di guida, con un’operazione di pochi secondi. Di fatto la Dragster altro non è che una Brutale 800, ma con un posteriore in linea con il nome che le è stato dato. Il codino diventa infatti minimale e tronco, a dir poco visto che è praticamente inesistente, mentre la gomma passa ad una misura da mostro da accelerazione, con una 200/50 che le conferisce un aspetto decisamente cattivo. Il posteriore è ulteriormente esaltato dal forcellone monobraccio (lo stesso della Brutale 800) che mette in bella mostra un cerchio asimmetrico, con dieci sottili raggi da un lato e sul quello opposto un enorme canale completamente liscio, roba da farle vincere un contest, se fosse una special, ma è una moto di serie! Il resto non subisce grosse modifiche, con la ciclistica ed il telaio della Brutale 800 “standard”, inclusa la bella Marzocchi up-side-down con steli da 43 mm all’anteriore, abbinata a pinze radiali ed anche lo scarico 3 in 1 in 3 con terminali cortissimi, che su questa versione sembrano ancor più aggressivi. Confermati anche la strumentazione ed i comandi al manubrio, con un’estetica essenziale e dimensioni ridotte per il quadro strumenti, ma tanta elettronica (di ultima generazione come sulla Rivale 800) gestibile comodamente senza spostare le mani dalle manopole.

Motore e prestazioni:

Rating: ★★★★★ 

3 cilindri, 125 cavalli ed un carattere unico
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Quando vedi una moto così, apprezzamenti a parte, pensi subito che sarà il classico “oggetto” da sfoggiare all’aperitivo. Se a contare fosse solo l’estetica, del motore ci sarebbe poco da discutere. In realtà la Dragster è una Brutale 800 con il posteriore incattivito. Ciò significa che è dotata di un propulsore tre in linea di 800 cc (798 per la precisione) in grado di sprigionare 125 cavalli di quelli cattivi, a 11.600 giri, e 81 Nm a 8.100, abbinato ad una elettronica raffinata, ultima evoluzione di quanto proposto fino ad oggi per la Brutale 800, con ben 4 mappature (3 preimpostate ed una customizzabile) per “cucirsi addosso” il carattere del propulsore, modificando la risposta del gas di tipo Ride-by-wire e quindi in parte l’erogazione, il freno motore e l’intervento del limitatore. Oltre a questo è possibile gestire 8 livelli di intervento del sistema di controllo di trazione (TC) e anche l’intervento dell’ABS Bosch 9 Plus, che è disinseribile, sia mai che non vogliate fare uno stoppy prima di scendere dalla moto…. Battute a parte siamo di fronte ad una evoluzione importante dell’elettronica, additata in precedenza come non impeccabile, ma che ora è davvero ottima. Per chi fosse interessato si tratta di un upgrade del firmware, disponibile per tutte le centraline Eldor Em2.0, che MV Agusta utilizza circa 3 anni a questa parte sulle sue tre cilindri 675 ed 800. Alla guida il propulsore convince subito e non fa mai cambiare idea. Risulta pieno e pronto ai bassi, brutale (come potrebbe non esserlo) senza finire per essere scorbutico, con una risposta molto progressiva rispetto all’apertura del gas. L’on-off eccessivo che molti associano alle motociclette MV Agusta fino ad un passato molto recente, sembra essere quasi scomparso, anche utilizzando una configurazione piuttosto sportiva. C’è solo dove è necessario che l’erogazione sia aggressiva anche all’eccesso, in modalità sport, senza comunque diventare troppo fastidioso. Quello che esalta sono la schiena e l’allungo di cui dispone l’800: quando si spalanca il gas l’anteriore diventa subito leggero e punta verso l’alto anche in terza, se si tiene aperto. L’azione del controllo di trazione separa infatti l’anti wheeling dal controllo vero e proprio, e consente l’impennata controllata, cosa che i più smanettoni gradiranno molto. La spinta è così vigorosa che chiudendo e riaprendo il gas la ruota torna sempre ad alzarsi. Anche i più assidui estimatori dei monoruota finiranno per non metterla mai a “candela”, perché con il gas aperto non accenna scendere anche tenendo la ruota alzata solo di pochi centimetri, garantendo la libidine di accelerazioni piene con un “pennino” che fa tanto MotoGp… Chiusa la parentesi di comportamenti da tenersi solo su strade chiuse al traffico, la coppia vigorosa del 3 cilindri MV fa sembrare fin pochi i 125 cavalli dichiarati. Il motore è quasi infinito nella guida stradale, al punto che in uscita di curva la Brutale 800 Dragster recupera metri a qualsiasi moto ci si trovi dietro, con una rapidità disarmante. Se tutto ciò non bastasse il cambio è dotato di quick shift disinseribile, che consente di “snocciolare” le sei marce senza chiudere il gas, e senza interrompere praticamente mai la brutale accelerazione, anzi con una ulteriore spinta in avanti ogni volta che si conclude il brevissimo ciclo di una cambiata, che chiude e riapre per una rapidissima frazione di secondo il gas, solo per lo stretto necessario per “sganciare” il rapporto inferiore ed inserire quello successivo. Difetti? Praticamente nessuno, sono due piccole pecche: il quick shift, se utilizzato a regimi troppo contenuti, non è sempre impeccabile, più di una volta ci siamo trovati senza marcia tra quinta e sesta, ed il propulsore scalda davvero tanto a moto ferma. Nel traffico cittadino diventa fastidioso se le temperature esterne salgono.

Guida e maneggevolezza:

Rating: ★★★★½ 

Una “moto da aperitivo” che va forte anche in pista
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L’abbiamo definita “da aperitivo”, perché battute a parte, se ti presenti al bar con una moto così, gli sguardi li attiri sicuramente. Però oltre all’estetica ci sono certamente un gran motore, ma non solo. Se qualcuno pensasse che con una gomma così esagerata al posteriore, alla guida faccia sembrare la Brutale 800 Dragster impacciata e poco maneggevole, si sbaglia, perché sorprendentemente la Dragster non disdegna un turno in pista ed è molto stabile sul veloce. Qualche piccolo problema lo si avverte solo tra i tornanti e sulle stradine tortuose con curve strette da percorrere ad andature ridotte, dove spingendo al limite ci siamo trovati a combattere anche con qualche saltellamento dell’anteriore in inserimento. Forse un intervento sulle regolazioni (che di base sono leggermente diverse rispetto alla Brutale 800) della forcella Marzocchi o del mono posteriore Sachs avrebbe giovato, come anche lo stile di guida che richiede un minimo di apprendistato iniziale ad una moto non proprio convenzionale, ma non ci è sembrato essere questo il suo terreno ideale. La ciclistica e le quote sono identiche alla Brutale 800 da cui deriva, con la forcella anteriore a steli rovesciati da 43 mm, completamente regolabile, abbinata a pinze radiali Brembo a 4 pistoncini, dischi flottanti da 320 mm, ABS Bosch (comunque disinseribile) con una marcata impostazione sportiva. Inalterati anche l’interasse, di 1.380 mm e l’avancorsa di 95. Identico il dato del peso, con un contenutissimo 167 Kg, che le consente di essere maneggevole e reattiva nella guida, in modo sbalorditivo appena si sale in sella. Dopo aver vissuto qualche difficoltà tra i tornanti ci ha saputo tornare a stupire nei curvoni, dove è stabile anche a velocità esasperate. Resta una moto senza compromessi, che ama di più il veloce piuttosto che lo stretto, risulta sorprendentemente più stabile e facile da portare al limite in una curva da quarta o quinta piuttosto che in una da seconda. La Dragster è da usare rigorosamente da soli, perché la sella per il passeggero è solo per viaggi brevi o di emergenza, a meno che non sia un/una masochista. Non soffre invece le andature turistiche, perché il propulsore non diventa mai nervoso e riprende bene anche a bassi regimi. Una nota su un dettaglio che finisce per essere comodo anche se sembrerebbe fuori luogo su una moto sportiva: tra le funzioni selezionabili nel menù della strumentazione trova posto lo Speed Limit, lo reputiamo molto utile per evitare sorprese con i tutor e gli autovelox sparsi per autostrade e statali, dove con una moto così è facile trovarsi parecchio oltre alle velocità consentite con un attimo di distrazione. Rispetto al classico cruise control la sua azione è più irregolare, perché tenendo il gas spalancato la velocità non resta costante ma si susseguono piccoli incrementi e decelerazioni, ma il risultato lo si ottiene comunque.

Prezzo e consumi:

Rating: ★★★★½ 

La bellezza e la qualità si pagano il giusto prezzo
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Il listino della nuova Dragster è di 13.490 euro, circa 1.800 in più della Brutale 800 ABS “standard”, non pochi, soprattutto alla luce di differenze legate solamente ai cerchi, alla ruota posteriore ed al nuovo codino. Dovendo scegliere in modo meno razionale, guardando le due moto una di fianco all’altra, la faccenda si fa più complicata, perché l’impatto del posteriore della Dragster è davvero di quelli da far fare follie… Si può scegliere bianca, oltre che nel grigio avio metallizzato opaco dell’esemplare in prova. Buona la capienza del serbatoio, di 16,6 litri. La voce consumi, se a qualcuno dovesse servire nella razionale valutazione di una moto che proprio non lo vuole essere razionale, fa segnare dei valori “onesti”, con medie sempre sopra ai 15 Km/l anche spingendo parecchio con l’andatura. Merito della ultima release dell’elettronica, i valori risultano infatti allineati a quelli della Rivale, con cui la condivide.

PRO E CONTRO

Ci piace:
Estetica estrema e stile da vendere, erogazione motore ed elettronica, frenata e stabilità sul veloce

Non ci piace:
Guida impegnativa sullo stretto, scalda nel traffico

MV Agusta Brutale800 Dragster: la Pagella di Motorionline

Motore:★★★★★ 
Maneggevolezza:★★★★☆ 
Cambio e trasmissione:★★★★½ 
Frenata:★★★★★ 
Sospensioni:★★★★½ 
Guida:★★★★½ 
Comfort pilota:★★★★☆ 
Comfort passeggero:★★★☆☆ 
Dotazione:★★★★☆ 
Qualità/Prezzo:★★★★☆ 
Linea:★★★★★ 
Consumi:★★★★½ 

Abbigliamento del test:
Giacca: Dainese AVRO C2 PELLE
Pantalone: Dainese DELTA PRO C2 PELLE
Guanti: Dainese Druids S-ST
Stivale: Dainese TR-COURSE OUT AIR
Casco: X-Lite X-702 GT

Un ringraziamento per le foto a Matteo Zuccolo, un ristoratore con la passione per i motori e per la fotografia.
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