Harley-Davidson Road King Classic, una rivoluzione sapientemente celata [PROVA SU STRADA]
I nuovi motori sono una novità epocale ben nascosta
Servizio fotografico: LINGEGNERE
Harley-Davidson FLHR Road King Classic – Tornando indietro nel tempo, di parecchio oramai, visto che il processo di ammodernamento è iniziato non da poco, qualcuno le definiva “cancelli”. Ora alcuni continuano a farlo, ma la differenza sta nel fatto che non c’è più un motivo reale per poterlo fare. Da anni le Harley frenano e lo fanno bene, soprattutto se consideriamo la stazza di molti dei modelli in gamma (in questo caso siamo intorno ai 350 Kg), mentre ciclistica e motori sono stati modificati profondamente negli ultimi anni, al punto che guidare oggi una Road King è un’esperienza che può essere completamente diversa, pur essendo del tutto simile ad un esemplare di 20 anni fa o oltre. Introdotta a listino nel 1994, nel 1998 in versione Road King Classic (FLHRC), si tratta di una evoluzione dei modelli Touring di H-D, nati nel lontano 1941.
Nel 2008 la Road King ha guadagnato un nuovo telaio, primo step di quella che può essere definita una rivoluzione sapientemente celata, che coinvolge ora il motore e le sospensioni, con l’arrivo del MY 2017. Il Milwaukee Eight è la risposta alle norme sulle emissioni, oltre che alla concorrenza americana in forte crescita (leggi Indian), ed è la novità più importante da parecchio tempo, ancora di più del progetto Rushmore del 2013. Si tratta di un motore completamente nuovo, che mantiene un aspetto molto simile a quello che sostituisce, ma che oltre a questo ha in comune ben poco. Debutta la distribuzione a 4 valvole per cilindro (in Casa H-D si era già vista sulla V-Rod, esperimento di successo piuttosto limitato, in cui il propulsore denominato ‘Revolution’, fu progettato addirittura da Porsche), ma si conservano soluzioni dal sapore della tradizione, come le aste e bilancieri, il raffreddamento misto aria / olio, che rendono questa rivoluzione un sapiente modo di evolvere un prodotto che vive di tradizione, con una immagine che non può essere modificata tanto facilmente. La Road King, come tutta la gamma H-D Touring, guadagna poi sospensioni nettamente migliorate, per accompagnare in modo adeguato quanto introdotto a livello di motore, anche sul fronte ciclistica.
Estetica e finiture:
Rating:
Fedele al passato, migliora in termini di ergonomia
Che vi piaccia o meno il genere, quando si ha di fronte un oggetto così non si può restare indifferenti. La Road King, soprattutto in versione Classic, leva il fiato per quanto è bella e ben rifinita. Cromature a profusione, ma anche una attenzione al dettaglio senza eguali. Nulla è fuori posto, eccezion fatta per le borse laterali, che sotto al cuoio nascondono una meno affascinante struttura in plastica e, unico difetto che abbiamo trovato in un contesto che rasenta la perfezione, i ganci di fissaggio, visto che le fibbie sono solo estetiche, sono anch’essi in poco nobile plastica. Una cosa da poco, che abbiamo notato perché il resto è tutto degno di nota.
Ogni elemento, anche il più banale, diventa un piccolo capolavoro. Il parabrezza è un classico nelle forme, con la robusta struttura in metallo cromato a sostegno della lastra di Lexan, ma è anche facilmente rimuovibile. Basta tirarlo in avanti e sfilarlo, mentre due molle consentono di infilarlo in pochi istanti. L’altro tocco retrò della Road King sono le bellissime gomme con fascia bianca, come tradizione con il nome della Casa americana, essendo prodotte (queste sono delle Dunlop), appositamente per i suoi modelli. Calzano stupendi cerchi a raggi con canale lucido, all’anteriore in gran parte celati dai grossi dischi dei freni.
Simboli, loghi e nomi sono riportati un po’ ovunque, ad impreziosire i dettagli, come per le pinze freno, oppure per il faro anteriore (qui alogeno, in rispetto della tradizione, ma si può averlo anche full led). Sul serbatoio troviamo un bellissimo logo H-D dal sapore vintage, spostandoci più in basso invece il nuovissimo Milwaukee Eight si presenta con la scritta sul filtro aria, con un carattere di dimensioni contenute, rispetto a quello usato per la sua misura, quei 107 pollici cubi, che per noi europei si traducono in un litro e 750 circa. La sella è pronta a ricevere gli opzionali schienalini, sia per il passeggero che per il guidatore, come evidenziato dal taglio presente sulla copertura. Resta uno dei difetti storici di questo tipo di selle, che costringe il passeggero a tenersi ben saldo, visto che altrimenti rischierebbe di scivolare indietro, data l’inclinazione spiovente.
Sul lato sinistro troviamo poi lo spinotto di attacco per il mantenitore della batteria, fondamentale se non si usa la moto quotidianamente, anche per la presenza dell’antifurto. Il blocchetto è scomparso da tempo, con l’adozione del sistema keyless, sostituito da un manettino sul serbatoio, con cui dare il contatto prima di accendere il Big Twin. Piacevole il fatto che il bloccasterzo abbia una serratura comodamente posizionata sulla piastra superiore della forcella, invece che sul cannotto, come avveniva in passato.
In sella si ha davanti un manubrio largo e alto, che offre una posizione di guida comoda e ben rilassata, mentre tra le gambe il grosso serbatoio è ornato da dettagli molto piacevoli. Il tappo é sul lato destro, ma in modo simmetrico sulla sinistra trova posto l’indicatore del livello, incastonato in un finto secondo tappo. Longitudinalmente nella porzione centrale, il serbatoio è tagliato poi dalla cornice del grosso strumento circolare, che racchiude un display navigabile con il tasto sul blocchetto di sinistra al manubrio. Nella parte inferiore, oltre al manettino per l’accensione, troviamo una fila di spie. Una finitura satinata a contrasto con la parte lucida cromata regala un aspetto più ricercato al tutto. La vernice del nostro esemplare non è un semplice bianco, ma un particolare colore molto perlato (Crushed Ice Pearl), arricchito da sottili e doppie righe che attraversano la moto longitudinalmente, dal parafango anteriore a quello posteriore. Sugli esemplari a doppia colorazione segnano anche il confine tra una tinta e l’altra della verniciatura.
Motore e prestazioni:
Rating:
La nona generazione del Big Twin, la seconda e più profonda rivoluzione in 80 anni
Qualche differenza a livello estetico c’è, ma un occhio poco attento potrebbe non farci caso, mentre passando al motore, la Road King Classic è per noi l’occasione per scoprire la rivoluzione che è recentemente avvenuta, con la presentazione dei nuovi Milwaukee Eight. Sul tema ci si potrebbero scrivere dei libri (e molti ne sono già stati scritti), perché il Big Twin ha una storia tra le più importanti dell’intero panorama motociclistico. Deve quindi saper conciliare la tradizione con il progresso tecnologico e con gli obblighi delle norme sulle emissioni, sempre più severe. Lo abbiamo accennato nell’introduzione, in passato un tentativo di rivoluzionare il concetto era già stato fatto con il propulsore della V-Rod, progettato addirittura da Porsche, che reinterpreta (lo diciamo al presente perché si tratta di un modello tutt’ora a listino) completamente il tema del V2. Innovativo al punto di rinunciare alla disposizione a 45°, alla distribuzione a 2 valvole per cilindro con comando ad aste e bilancieri e a molti altri elementi cardine dello storico propulsore H-D, sacrificati sull’altare delle prestazioni e della modernità. Con gli anni si è creata una schiera di appassionati di questo modello, ma è inutile negare che, se voleva essere l’inizio di una strada, lo scarso successo ha portato invece a relegare l’uso del V2 by Porsche unicamente alla V-Rod. Ora, e in questo troviamo una importante analogia, torna all’ordine del giorno il tema delle 4 valvole per cilindro, oltre a questo le novità però sono tantissime, come vedremo. Questa volta la rivoluzione è meno urlata e molto più silenziosa oppure, se preferite, molto più rispettosa della tradizione. Un concetto che agli amanti dello storico marchio americano sta molto a cuore, forse più che a chiunque altro. Vi facciamo un esempio, abbiamo provato una Indian Scout pochi mesi fa, trovandola ottima, ma se mai H-D introducesse un aggiornamento di un suo modello dotandolo di un telaio in alluminio e di motore raffreddato a liquido, per molti sarebbe un sacrilegio.
Tornando al Milwaukee Eight, iniziamo a raccontarvi le sue molte novità. Parliamo di un incremento del 10% in quanto a potenza e coppia, accompagnato da una importante riduzione del calore sviluppato e dei consumi. La coppia del 107 della nostra prova si attesta a ben 150 Nm a 3.250 giri, mentre i cavalli sono 90 (quelli indicati a libretto, perché il dato non è dichiarato, come da tradizione). Tanto per andare a leggere qualche numero rilevato in passato, erano 87 quelli che aveva la precedente generazione di Big Twin, nell’ultima edizione con teste raffreddate a liquido, mentre erano 84 con il raffreddamento ad aria. La cilindrata sale a quota 1.745, equivalente a quei 107 pollici cubi del numero che contraddistingue il nuovo Milwaukee Eight. Oltre a questa, il nuovo propulsore è disponibile anche in due altre versioni Twin-Cooled con testa raffreddata a liquido, sempre 107, oppure 114 (1.870 cc). Resta ferma l’inclinazione tra i due cilindri, con una V di 45°, mentre troviamo una altra grossa novità, con la presenza di due candele per cilindro. Migliaia di ore di studio e simulazione sono state portate a termine per ottimizzare la combustione e per arrivare ad un propulsore che consuma meno, scalda meno ed inquina anche meno. Ad esempio, il minimo scende da 1.000 a circa 850 giri al minuto per ridurre il calore prodotto. Anche per questo è poi stato introdotto un nuovo alternatore, più potente del 50% a pari regime. Sale anche la potenza del motorino di avviamento, da 1,2 a 1,6 kW. Sale la portata d’aria di ben il 50% ed ora il Big Twin ha una risposta più pronta e veloce, sale in termini di potenza e coppia, ma la rivoluzione più grossa è forse quella dell’abbattimento del 75% delle vibrazioni, grazie alla presenza di un contralbero di bilanciamento. Sarebbe stato possibile addirittura eliminare completamente le vibrazioni, ma quando è stato testato un motore di questo tipo, si è poi tornati indietro. Qui torna il tema della tradizione, in base alla quale un’Harley non può non avere un minimo di vibrazioni, perché fa parte, in modo irrinunciabile, del suo DNA. Così si è scelto di arrivare a questo Milwaukee Eight, raffinato, ma che non rinnega le sue origini. Continuando nel nostro racconto, sono stati introdotti dei sensori sui singoli cilindri, che inviano dati alla centralina ECM per evitare il fenomeno della detonazione.
Il nuovo basamento ha un peso del tutto simile al vecchio, ma con le novità introdotte è più rigido di oltre il 20%. Medesima cosa è stata fatta per la rinnovata e rinforzata scatola del cambio. La distribuzione a 4 valvole per cilindro avviene senza rinunciare al comando ad aste e bilancieri (anch’essi sono ora più robusti per le maggiori sollecitazioni a cui sono sottoposti) e con un unico albero a camme a 4 lobi. Rimpiazza il precedente Twin-Cam, che nel 2000 era stato la prima grossa rivoluzione del Big Twin, che spegna giusto quest’anno le 80 candeline. Infine la frizione guadagna un nuovo attuatore Brembo, che riduce lo sforzo alla leva del 7%. Con il passaggio alle norme Euro 4 la sonorità dello scarico riesce comunque a migliorare di qualcosina, ma se vi piace ascoltare il bicilindrico nel modo giusto, occorre metter mano al portafoglio e regalargli qualcosa in più in termini di libertà, anche con soluzioni regolarmente omologate e “street legal”. Alla guida la rivoluzione si avvisa in modo immediato, soprattutto in termini di vibrazioni. In autostrada la cosa è così evidente che, a tratti, sembra quasi di guidare un’altra moto. In realtà si apprezza l’aver lasciato una piccola parte di quel battito, che è un marchio di fabbrica e che ci fa tornare in mente che siamo in sella ad una H-D.
Per il resto il Milwaukee Eight guadagna un po’ ovunque, perché è pieno ed in grado di riprendere ancora più dal basso, anche per il minimo a 150 giri in meno, ha più schiena in mezzo, una fluidità molto interessante a tutti i regimi ed allunga fino a far prendere velocità importanti. La centralina pone il limite a 175 Km/h, ma la moto potrebbe raggiungere quota 200. La Road King sorprende, questo lo diremo meglio più avanti, in termini di stabilità sul veloce, mentre forse solo la tradizione ha dettato la scelta di non introdurre un sistema di controllo di trazione. Ben inteso, per noi non è una lacuna e la moto si gestisce senza grossi problemi, ma con la coppia e le prestazioni di cui è capace, l’aiuto dell’elettronica sarebbe certamente meno inutile rispetto ad altri mezzi dove lo troviamo di serie (ormai anche su alcuni scooter di piccola cilindrata, per via dei costi sempre più contenuti). Migliora il cambio, anche se gli “stock” delle cambiate sono ancora belli vigorosi e mettere in folle a moto ferma non è tra le cose più semplici al mondo, però c’è da dire che si finisce per usarlo sempre meno, quando si capisce che il Big Twin riprende a qualsiasi regime in modo dolce e progressivo. Quando invece si scala in modo sportivo diventa evidente la presenza di una nuova frizione con antisaltellamento, che evita quei piccoli bloccaggi del posteriore del passato.
Guida e maneggevolezza:
Rating:
Sospensioni nuove completano un upgrade davvero molto consistente
Il telaio nuovo aveva già reso la Road King una moto molto più guidabile e stabile, ma ora il livello raggiunto è sorprendente. Salire su una moto con un peso a secco di 353 Kg, che diventano 371 in ordine di marcia, e trovarsi a fare lo slalom come se fosse uno scooter, o spingere in curva ad andature sostenute, senza il minimo problema, anni fa sarebbe stato forse impensabile. Il peso, è quasi inutile ribadirlo di nuovo, è un mezzo problema solo nelle manovre da fermo, dove abbiamo trovato più facile e sicuro restare in sella, evitando di gestire questa stazza generosa stando in piedi di fianco alla moto. Un altro prezioso aiuto arriva dal cavalletto con blocco, che impedisce il movimento in avanti una volta che è aperto. Per il resto basta iniziare a muoversi ed il baricentro basso, oltre al perfetto equilibrio con cui i pesi sono disposti, la rendono una moto che potrebbe guidare la più esile delle donne, senza timore alcuno. La posizione in sella è comoda e naturale, proprio come la si vorrebbe per godersi l’esperienza di guida. Le migliorie del nuovo modello sono legate alla nuova forcella, la Showa SDBV (Showa Dual Bending Valve), con steli da 49 mm. Ha una risposta perfetta sulle asperità, con un comfort nettamente migliorato e lo si capisce molto bene prendendo un dosso a buona andatura. Riesce però a coniugare la comodità ad una buona dose di sportività, perché la Road King può anche essere spinta a velocità elevate senza timori, grazie ad una idraulica che lavora molto bene, rendendo la moto molto stabile nelle curve e nei cambi di direzione. La forza di smorzamento è proporzionale alla velocità di scorrimento dello stelo, quindi si ha un’azione progressiva davvero molto efficace.
Al posteriore aumenta l’escursione della regolazione del precarico, oltre a questo anche qui l’azione della sospensione è migliorata e lo si capisce bene quando si guida la moto. Migliaia di ore di lavoro sono state spese anche sulle sospensioni, per supportare la rivoluzione fatta per il motore, portando ad una seconda rivoluzione, ancora meno visibile forse di quella del Big Twin, che però diventa evidente quando si alza il ritmo in sella alla nuova Road King (ma le modifiche sono le medesime su tutta la gamma Touring, Trike incluso). Abbiamo detto della grande stabilità alle andature più elevate, aggiungiamo che è accompagnata da una buona protezione aerodinamica. Le gambe sono esposte all’aria ed all’acqua, ma non in modo completo, mentre il parabrezza consente di procedere in relax anche indossando un casco aperto ed un paio di occhiali. Niente pressione eccessiva sul collo ed anzi, vista la facilità con cui si sale di velocità senza nemmeno accorgersene , occorre buttare un occhio al tachimetro, oppure affidarsi al comodissimo Cruise Control. Oltre che togliere il fastidio di mantenere una velocità costante sulle lunghe tratte autostradali, è una mano santa per gli autovelox, permettendo di evitare di passare inavvertitamente il limite. Il comando è sul blocchetto di sinistra ed è semplice ed intuitivo, a differenza di alcuni sistemi della concorrenza. Quanto al calore, nel traffico è evidente il passo in avanti, soprattutto quando si inizia a guidare in modo più dolce e lasciando spesso il Big Twin al regime minimo. Così facendo il fastidio diventa molto minore, scalda poco e la sensazione è che, anche nella bella stagione, la si possa guidare in città senza scendere troppo provati e sudati.
Prezzo e consumi:
Rating:
Una rivoluzione tutto sommato a buon mercato
Se in valore assoluto 24.900 euro non sono una cifra da poco, la Road King Classic se li merita tutti, soprattutto quei circa 1.000 in più rispetto al vecchio modello, dal quale differisce parecchio, grazie alle tante migliorie introdotte, in particolar modo il motore completamente nuovo e le sospensioni nettamente più fluide e progressive nella loro azione. Come sempre si tratta di una base di partenza, da cui si può salire a piacimento, grazie ad un catalogo di parti originali incredibilmente vasto. Non che la moto esca di fabbrica priva di quanto sia necessario, prova ne è l’esemplare del nostro test, strettamente di serie, eccezion fatta per la tinta da 300 euro. Se la si sceglie in doppia colorazione si sale di ulteriori 500 euro, non pochi, ma legittimati dalla famosa verniciatura H-D, con ben 6 strati di trasparente e levigatura che annulla al tatto lo spessore delle diverse colorazioni. Ogni limite ulteriore è dato solo dalla fantasia e dalle esigenze del singolo. Potete scegliere tra ogni tipo di accessorio, dal manubrio che faccia al vostro caso per posizione o gusto estetico, a parti che vadano ad incrementare le prestazioni, dallo scarico alla scatola del filtro aria, passando per centraline e molto altro. A listino troviamo sia componenti omologate per l’uso stradale che non, mentre passando ad altro è disponibile un impianto audio completo di casse impermeabili posizionate a fianco dello schienalino passeggero, vari tipi di selle, ma Harley-Davidson offre anche prodotti finanziari ed assicurativi, arrivando a estensioni di garanzia e, questa è davvero una chicca, una carta di credito in pelle nera con il logo H-D!
Sul fronte consumi il dato migliora, per merito del nuovo propulsore, mentre resta ferma la capacità del serbatoio, di 22,7 litri. Rispetto al passato garantiscono quindi una autonomia maggiore, anche di oltre 400 chilometri, visto che il dato del consumo dichiarato è di appena 5,2 litri ogni 100 Km percorsi.
PRO E CONTRO
Ci piace:
Estetica e finiture di pregio, migliorie enormi dal nuovo propulsore e dalle sospensioni, guidabilità impressionante rispetto alla stazza
Non ci piace:
Qualche dettaglio delle borse non all’altezza di un contesto per il resto quasi perfetto, sella passeggero spiovente verso il posteriore
Harley-Davidson Road King Classic: la Pagella di Motorionline
Motore: | |
Maneggevolezza: | |
Cambio e trasmissione: | |
Frenata: | |
Sospensioni: | |
Guida: | |
Comfort pilota: | |
Comfort passeggero: | |
Dotazione: | |
Qualità/Prezzo: | |
Linea: | |
Consumi: |
Abbigliamento del test:
Giacca: Alpinestars Motion Waterproof Jacket
Pantalone: Alpinestars Denim Pants – Raw Indigo
Scarpa: Alpinestars Vulk Shoes
Guanti: Alpinestars Masai Gloves
Tutti questi capi fanno parte della collezione Alpinestars 2016 che trovate descritta in questo articolo:
https://moto.motorionline.com/2016/01/21/alpinestars-comfort-e-protezione-in-tutte-le-situazioni/
Casco: Sparco CR-1
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