SWM Superdual T ed X, Albania-Macedonia: diario di viaggio
Il nostro tester Stefano Pelati è impegnato in un viaggio avventura in compagnia della fidanzata, ma soprattutto delle SWM Superdual in versione X e T
Abbiamo dato il via a una rubrica davvero particolare. Il nostro collaboratore Stefano Pelati ha deciso di intraprendere un viaggio davvero speciale, attraverso Albania e Macedonia in compagnia della fidanzata “Pinkie” e non con un mezzo qualsiasi, anzi nemmeno con un solo mezzo, ma due: una SWM Superdual X ed una SWM Superdual T, ovvero le 650 “quasi” gemelle declinate rispettivamente in chiave più offroad (la versione X) e più stradale (la versione T). Non resta che dire: “Si parte!“.
Albania-Macedonia 2018 episodio 5: ultimi giorni nei Balcani
Ok, lo ammetto, negli ultimi giorni ho un po’ cazzeggiato e non ho prodotto report. chiedo scusa ma sono stati giorni difficili (alcuni) e pieni di cose spettacolari (altri), quindi mettetevi nei miei panni. Eravamo rimasti a Ohrid “benvenuti in zona turistica”. Non mi dilungherò a descrivere il paese, su Ohrid si trova di tutto e di più su internet. Sappiate solo che in mezzo alla caciara dei turisti, ai ristoranti che cercano di fregarti sul resto, ai ragazzini che ti chiedono 200Lek per fare la foto col pitone (giuro) e quello che te ne chiede 50 per fare la foto al bimbo, su un pony, con un cappello da cowboy, si nascondono perle di assoluta bellezza. Abbiamo fatto una puntata anche a Sveti Naum e alla Bay of Bones, se la seconda è una interessante ricostruzione di un villaggio neolitico su palafitte, la prima assomiglia un po’ ai grandi luoghi di culto italiani.
Una chiesta (ortodossa) magnifica con, al contorno, un baraccone turistico mica da ridere. Bancarelle, ristoranti, gite in barca nel laghetto e cattivissimi pavoni aggressivi (ciò le prove). Quindi lasciamo Ohrid e puntiamo di nuovo verso l’Albania. Un’ora per uscire dalla periferia perchè le mie mappe GPS sono assolutamente inaffidabili (ricordo che forse sarebbe stato meglio installare la Macedonia), e prendiamo la strada che costeggia il lago. Sto viaggiando intorno ai 70 all’ora, tranquillo, rilassato, mi godo il panorama quando, dai cespugli, mi sbuca davanti un’Audi Q5, è a pochi metri, nel giro di una frazione di secondo penso di tutto. Nel frattempo la parte rettiliana del cervello lavora per i cazzi suoi, se avesse lasciato fare a me, ci saremmo uccisi, mi aggrappo ai freni, stringo il serbatoio. L’ABS entra sia davanti che dietro, mollo il freno davanti, mi butto a destra e riesco a passargli dietro lasciando forse una spanna scarsa tra la mia borsa e il suo paraurti. Mi fermo, mi tremano le mani, le gambe, tutto. E mi rendo conto che il tizio non è uscito dai cespugli, ma che la strada curvava a destra e io sono passato dritto a cannone prendendo una stradella secondaria. Memento, qui MAI abbassare la guardia quando si guida, la segnaletica c’è o non c’è, random. Ok, sono sopravvissuto, ripartiamo verso l’Albania. Obiettivo di oggi è visitare le tombe di Selce e Poshtme (mancano un paio di dieresi, lo so), che sono da qualche parte a nord est di Pogradec, ma non si sa bene dove. In realtà la strada che ci arriva non è segnata nè sul mio GPS nè tantomeno sulla carta topografica dell’Albania. Le premesse per andare a impestarci sono quindi ottime.
L’Albania è un cantiere aperto, strade di grande comunicazione sono in costruzione ovunque; la cosa presenta vantaggi e svantaggi: un vantaggio è che strade che altrimenti sarebbero state improponibili stanno diventando veloci e scorrevoli, lo svantaggio è che sulle stesse strade si viaggia per kilometri su massicciate in costruzione, in mezzo a nuvole di polvere infernali, con camion da cava che fanno avanti e indietro a velocità folle. In un modo o nell’altro, comunque troviamo ANCHE le tombe, che si rivelano un’altra delle piccole sorprese nascoste di questo paese. La Pinkie mi insulta pesantemente, perchè questi tipi di strada sono troppo per lei, ma le tombe meritano.
Tra la ricerca delle tombe, fare quattro passi, fare due foto, fermarsi a Elbasan per una birra, eccetera eccetera, commetto uno sbaglio madornale. I Km che ci separano da Berat sembrano pochi, ma sopravvaluto le strade Albanesi e ci troviamo a fare gli ultimi 50Km al buio. Se ricordate, in uno degli episodi precedenti ho detto che per me non viaggiare di notte è un principio a cui non venire meno, mai. Ecco, stavolta ci siamo costretti, ed è un’esperienza TERRIFICANTE. La scelta spazia dal bestiame che circola libero in strada, a buche enormi che si vedono solo all’ultimo momento, a auto senza fari, a persone che passeggiano tranquillamente tra un paese e l’altro al buio. La velocità media è sotto ai 30Km/h e quando arriviamo a Berat siamo distrutti dallo stress.
Ovviamente la strada che porta al nostro hotel è chiusa per lavori, un indigeno di dice con entusiasmo che “con quelle moto da cross potete passare”. Provo e la situazione che mi trovo di fronte è quella di un cantiere nel quale stanno rifacendo il selciato in pietra, ci sono quindi tombini aperti, scavi per posare i cavi, e gradini alti 35cm. Al buio. Fanculo indigeno. Fortunatamente la gentilezza degli albanesi ci tira fuori dai casini una volta di più. Un signore con uno scassatissimo scooter cinese ci si piazza davanti e come una specie di Mosè scoreggiante ci guida verso la terra promessa da una strada alternativa, non senza risparmiarci un paio di bei passi di enduro da cantiere. Berat è semplicemente grandiosa, il titolo di patrimonio dell’umanità è assolutamente meritato. Ci passiamo una giornata intera perdendoci tra vicoli, castello, moschee e chiese bizantine ma è assolutamente troppo poco tempo. Ci rifaremo al prossimo viaggio.
La giornata di oggi invece è stata assolutamente rilassante, Berat – Tirana lungo la SH3 “la strada del Duce”, costruita, come la maggior parte delle infrastrutture dell’Albania, durante l’occupazione italiana, con qualche deviazione offroad solo per andare a curiosare. Qui il Benito è visto dai più ancora come un benefattore, visto che praticamente tutto quello che c’è l’ha costruito lui (E non rompete le balle, non è un’esternazione politica. E’ la realtà dei fatti e ciò che sostiene la maggior parte degli albanesi. Quando poi, durante la guerra con la Grecia, gli hanno fatto un culo come una capanna e si è ritirato, in Albania non sono praticamente più state realizzate grandi opere)
Albania-Macedonia 2018 episodio 4: eccoci a Prilep-Ohrid
Io la Pinkie me la porto in vacanza perché ha buonsenso. Cioè, anche perché è la mia compagna, ma se non lo fosse, me la porterei comunque, perché ha buonsenso. Quindi invece di fare la mia solita tirata unica da 400 e rotti km di strade macedoni, girando a caso, perdendomi, infognandomi e arrivando stravolto (cosa che, peraltro, adoro), mi ha “convinto” a fare due tappe da 200, che sono pochi, ma che facendone pochi vedi un sacco di cose. Quindi, ieri, Skopje-Prilep e oggi Prilep-Ohrid e andiamo con ordine. Da Skopje a Prilep c’è una comodissima superstrada, ovviamente non l’abbiamo seguita e siamo andati a infilarci su per le montagne fidandoci del GPS, sul quale NON ho installato la mappa della Macedonia. Tranquilli, ho la cartina, una delle migliori carte della Macedonia, e la carta dice che la strada è asfalt… no ok, stendiamo un velo pietoso.
Diciamo che è stata una bella occasione per fare un po’ l’asino in off e vedere come si comporta la superdual sui terreni per cui è nata. E si comporta bene. Arriviamo a Prilep alle sette di sera, il precetto di non viaggiare MAI col buio qui, per me è sacro e quindi troviamo una stanza, ci.sistemiamo, ci ripuliamo e la Pinkie mi porta a cena in un ristorante VEGETARIANO. Dopo avermi costretto a lavare l’abbigliamento da moto, mi fa anche mangiare VEGETARIANO. Ok, questa glie la posso perdonare perché, lo ammetto, era gustoso e poi in questi giorni mi sto ammazzando di carne. La lavanderia invece non glie la perdono. E infatti la Pinkie si ammala. La farmacista cirillica mi propina dei minacciosi pastiglioni stile armata rossa con scritto “парацетамол”, alla strabiliante cifra di 0,20 centesimi di euro per dodici pastiglie. Sostiene siano la cosa giusta e, in effetti, sembra che la Pinkie riprenda vita. Partiamo quindi verso Ohrid, facciamo una deviazione nella.direzione esattamente opposta per vedere le rovine delle torri di Marko, un monastero, goderci una delle più belle strade percorse dall’inizio del viaggio e fare un po’ di foto.
La mia idea iniziale prevede di arrivare al lago di Prespa e poi scavalcare le montagne. E anche qui, mi dura fatica ammetterlo, ma il buonsenso dell Pinkie ha il sopravvento, le montagne in oggetto sono immerse in una massa di nubi color nero-apocalisse e, anche in fondovalle, tira un vento freddo e piovoggina, decidiamo quindi.di seguire la strada normale e la Pinkie trova la casa dei suoi sogni. Fa venire la congiuntivite solo ad avvicinarsi. Comunque, grazie al famoso buonsenso, arriviamo a Ohrid e ci accomodiamo in una deliziosa topaia indecorosa facendoci fregare dalle foto su Booking. Ohrid è… come faccio a descrivere Ohrid? Secondo le guide è una località turistica, patrimonio dell’umanità, splendida località, blah blah blah, io esco e mi sembra di essere a Milano Marittima, vale a dire che in 15 minuti rischia di venirmi una crisi di nervi. Casino, turisti, ristoranti italiani che fanno macaroni e spageti bolognaise, negozi di souvenir, portatemi via di qui! Trovo un posto dove mangiare un kebab (che qui indica gli spiedini), spendo, se pur poco, circa il doppio di quanto avrei speso a Prilep e, al momento di pagare, un cameriere di vent’anni con uno stupido paio di baffetti, mi rifila venti dinar di resto invece che cinquecentoventi… Attimo di gelo, mi dice “dobra večer” (buona serata), poi ha un attimo di disagio. Deve aver notato lo sguardo da “faccio riaprire il campo di lavoro di Sveti Spas e ti ci mando a spaccare sassi a testate”, insieme alla frase “I gave you thousand dinars”… Mi fa UN SORRISETTO e mi rende i 500 che mancano senza dire una parola. Benvenuti in zona turistica!
Albania-Macedonia 2018 episodio 3: primo contatto con la Macedonia, dagli asini a Gardaland
Ok, sono due giorni che non scrivo, non protestate. Mala tempora corrunt. Mercoledì siamo partiti da Scutari con la ferma intenzione di arrivare a Debar, primo paese in Macedonia e, no, non ci siamo riusciti. La Pinkie è, di fatto, una neopatentata e siccome io sono un cuore d’oro ho pensato che non fosse il caso di farla cozzare con 80 Km di sterrati albanesi al suo secondo giorno di vacanza, così ho ripiegato sul piano B, una tappa un po’ più lunga ma interamente asfaltata. Non l’avessi mai fatto. Lo so, dovevo saperlo, io ci sono già stato in Albania, ma mi sono lasciato sedurre dalla riga gialla sulla cartina, e così ci siamo beccati decine e decine di km del peggior asfalto albanese, che è MOLTO peggio dello sterrato.
Dove non è devastato dalle buche, è in rifacimento e quindi è un cantiere aperto. Sia dov’è devastato che dov’è in rifacilmento gli albanesi guidano come se fossero all’ultima tappa del mondiale di rally, sia che abbiano una Yugo degli anni 70, sia che abbiano un furgone sia che abbiano un camion da cava. In mezzo a tutto ciò, è facilissimo uscire da una curva e trovarsi un distinto signore anziano sul suo cavallo, con dietro un asino e, ancora più indietro, un puledro libero. Quindi vi lascio immaginare come si guida rilassati.
Questa brillante idea di “facciamo asfalto” ha fatto si che ci abbiamo impiegato un giorno per fare circa 120Km passando per paesi nei quali ci siamo sentiti chiedere “ma cosa ci siete venuti a fare in Albania?”. (E nei quali siamo sempre e comunque stati accolti con una gentilezza assoluta). Dato che muoversi col buio da queste parti equivale a un mezzo suicidio, verso le sette abbiamo deciso di fermarci a Peshkopi. Dov’è? Cercatelo su google maps, vi dico solo che sulla guida Lonely dei Balcani non è nemmeno inserito nell’indice analitico.
Perchè Peshkopi? Perchè tra gli amici di facebook ho Gimi, il proprietario dell’hotel Piazza, che si rivela essere un personaggio tanto istrionico quanto ospitale e decidiamo di passare la notte nel suo hotel. La mattina seguente, dopo una rapira visita al museo di Peshkopie, partiamo decisi in direzione Debar senza sapere cosa ci aspetta. La tratta da Scutari a Peshkopie l’ho già descritta, quindi non mi soffermerò oltre, Diciamo solo che è stato un bel test per sospensioni e freni. Entriamo in Macedonia e ci rendiamo conto che, forse, non fermarsi a Debar è stato un colpo di fortuna. Il Piazza è un hotel carino, Peshkopie tutto sommato permette di fare due passi la sera, Debar invece ci accoglie con lo spettacolo di una discarica in fiamme quindi proseguire a cannone in autostrada per Skopje va benissimo… Così arriviamo a Gardaland o quasi.
La periferia di Skopje è come quella di tutte le altre grandi città dei balcani, casermoni di impronta comunista, viali enormi sui quali è facile immaginare parate di carri armati, poi si arriva in centro e qui spunta una collezione di palazzoni in stile classico, che fanno quasi sembrare sobrie le ville albanesi del primo giorno. A quanto pare i macedoni hanno un’autentica passione per le statue monumentali e l’architettura classica, ne piazzano OVUNQUE, combinandole con luci colorate degne della peggior balera anni ’80… unz unz unz… disco disco!
Basta attraversare il famoso (e splendido) ponte di pietra però, per infilarsi nel bazar e tornare indietro di qualche secolo, più ci si allontana dalla piazza, più si inizia a vedere la Skopje “vera”, più araba che europea.
Nota di colore. Anche a Skopje, come già visto a Scutari, c’è in giro una quantità incredibile di cani e gatti randagi, tutti “etichettati” e censiti. Qui viene fuori prima lo spirito della Pinkie che, prima, cerca di convincermi ad andare a comprare delle cosce di pollo da dargli (nota bene, hanno tutti un aspetto piuttosto sano e pasciuto) e, poco dopo, decide che starebbero bene su un divano e lancia l’idea di comprargliene uno… E’ meglio che la porti via alla veloce da qui.
Albania-Macedonia 2018 episodio 2: direzione Scutari, passando per Kruje
Report con il solito giorno di ritardo del nostro primo giorno in Albania, primo di queste vacanze per me, primo in assoluto per la Pinkie. Per chi non l’avesse ancora capito, la Pinkie è Maria, la mia compagna, il nomignolo viene dal suo Beta Alp con le grafiche rosa e dal casco dello stesso colore. Sembrerebbe una tenera Barbie, in realtà è un pitbull, ma non diteglielo o si monta la testa. Io in Albania ci sono già stato, un pochino (poco) la conosco, conosco diversi albanesi, sia residenti in Italia da anni, che residenti qui, ciò nonostante ci sono alcune cose che riescono ancora a stupirmi: il casino che riescono a creare ovunque ci siano più di tre automobili in uno spazio anche superiore all’ettaro, il terrificante gusto dell’orrido nel costruire, l’ospitalità che riesce sempre a spiazzarmi.
Ero convinto di essere ormai preparato a quanto sopra, e invece no. Scendiamo dal traghetto e puntiamo le moto in direzione superstrada. Alla prima rotonda è già il caos, la segnaletica indica che dobbiamo dare la precedenza, gli altri autisti indicano che ci si muove alla “ognuno per sè e Dio contro tutti, chi si lancia per primo ha la precedenza. Dietro gli occhialoni rosa della Pinkie si vede uno sguardo colmo di terrore, nonostante sia di origini siciliane, non è abituata a tutto ciò. Dopo pochi chilometri anche il secondo punto riceve una conferma, una sequela di edifici in finto stile neoclassico, con tanto di timpani e colonne, fa bella mostra di sé. Ci si aspetterebbe che ospitassero night, alberghi, casinò tipo Las Vegas e invece no: ci possiamo trovare negozi di idraulico, autogrill, hotel o semplici abitazioni di persone alle quali non piace farsi notare.
Entriamo nella periferia di Tirana e ci assale un caldo è brutale. Ci fermiamo a bere qualcosa in un bar, chiedo due informazioni al cameriere, che non parla inglese e figuriamoci italiano. Interviene un vicino di tavolo “io parlo italiano”, facciamo due parole poi il vicino di tavolo si alza per andarsene, mi guarda e mi fa “queste le ho offerte io”. Eh? Come? Cosa? Perché? Cerco di abbozzare una protesta, insomma, qualcosa che faccia capire che non ce n’era bisogno. Mi da la mano e mi saluta con un “benvenuti in Albania, buona vacanza”. Ecco, questa è la terza cosa che mi lascia sempre basito. E non è così rara come si potrebbe pensare.
La prima tappa del giorno è Kruje, di cui vogliamo visitare la fortezza, lungo la strada però ci accoglie una sorpresa non indicata nelle guide turistiche: Sari Saltikut Tekke, “la moschea tascabile”. All’inizio penso che la casupola con un vecchietto a fare da guardiano sia una specie di ingresso o biglietteria, ma basta un attimo per capire che siamo capitati in uno dei luoghi più sacri per i musulmani Bektashi d’Albania, dove, secondo la tradizione si venera l’impronta in una roccia del piede di Sari Saltikut (appunto). Il vecchietto a guardia ci spiega un po’ a gesti, un po’ in italiano e infilandoci qualche parola di angloalbanese, come i Bektashi non credano che esista “il loro” Dio, ma che il Dio dei Bektashi, quello dei Cristiani, e quello delle altre religioni sia sempre il medesimo e che ognuno lo veneri come ritiene giusto. Non so se sia vero, non so se ho capito bene, ma se così è, i ragazzi erano piuttosto avanti, visto che parliamo di una setta nata nel XIII secolo…
Raggiungiamo Kruje, che merita una visita per il bazar (più per l’architettura che per le ciofeche che ci si trovano in vendita) e per le rovine del castello, che ospitano anche il mausoleo di Skenderbeu (uno degli eroi nazionali albanesi), dove la lentini si monta la testa vedendo il busto dell’eroina locale e il mueo etnografico che fa da set a un remake del noto film “Ghost” (e che, a parte le nostre boiate, vale da solo una visita a Kruje) Riprendiamo le moto, ci rimettiamo in strada ed affrontiamo stoicamente i km che ci mancano a Scutari, che non sono molti ma sono TUTTI di traffico e casino. Nel giro di un giorno l’Albania ci ha già spiegato come vanno le cose.
Albania-Macedonia 2018 episodio 1: la partenza
Il lunedì mattina inizia col sole, lo stretto necessario per un viaggio in moto e le nostre moto cui percorreremo i 450 km abbondanti di autostrada che da Brescia ci porteranno ad Ancona, un bel test per noi e per le nostre monocilindriche. Proprio per le vibrazioni tipiche delle “mono”, ogni ora faremo una breve pausa per rendere il viaggio meno stressante. La mia compagna di viaggio, la “Pinkie”, è abituata a farsi saltare le otturazioni su un Beta Alp e, per lei, l’SWM Superdual è una poltrona. Vale a dire che, dopo due ore, sta ancora sorpassando con arroganza un camion dopo l’altro mentre io, dietro, inizio a pensare di affiancarla e darle un calcio per farla fermare. Brescia-Ancona, di lunedì, a fine agosto, è una specie di girone dantesco dei motociclisti cattivi, tra camion, automobilisti (spesso distratti, per così dire) che vanno o tornano dalle vacanze e un caldo bestia. La mia fiducia nell’umanità subisce un ulteriore colpo quando, in autogrill, mi rendo conto che ci sono almeno 15 auto incolonnate per fare benzina alle colonnine “servito” a 1,850 euro e le pompe self, venti centesimi in meno al litro, sono deserte. Mi rendo anche conto che le Superdual, in autostrada, hanno un consumo medio di 28 km/l: Mica male!
Tra una bibita all’aloe al gusto di mucillagine, una briochina e la Pinkie che mi chiede sgomenta dove sia il suo casco (ce l’ha indosso…) arriviamo ad Ancona, avevo previsto sei ore soste comprese ed entriamo in porto dopo sei ore e otto minuti di viaggio. Check-in e via alla ricerca del desck di imbarco. Ci siamo, forse siamo in ferie davvero… Stay tuned!
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