Andrea Gava e la voglia di Dakar: 5.000 km per inseguire un sogno

Da casa al Rally del Marocco (e ritorno) in moto

Andrea Gava e la voglia di Dakar: 5.000 km per inseguire un sogno Andrea Gava e la voglia di Dakar: 5.000 km per inseguire un sogno

La Dakar non è solo una gara: è un mito, una sfida contro sé stessi e contro il deserto. Un sogno che, per Andrea Gava, pilota appassionato di Motorally, ha cominciato a prendere forma proprio quando sembrava più lontano.

Dal sogno alla realtà

A settembre 2025, l’obiettivo Dakar pareva ancora irraggiungibile. Servono accrediti, risultati e gare di qualifica per ottenere la tanto ambita tabella di partenza. Così Andrea decide di iscriversi al Rally du Maroc, una tappa fondamentale per poter accedere alla leggendaria corsa. Mentre si prepara, però, arriva una telefonata inaspettata: l’organizzazione della Dakar lo informa che potrebbe già partecipare all’edizione di quest’anno. A una condizione — deve prima completare il Rally du Maroc e versare la quota d’iscrizione.

Andrea Gava e la voglia di Dakar: 5.000 km per inseguire un sogno

Una notizia che sa di occasione irripetibile, ma anche di sacrificio: i costi sono elevati, e affrontare entrambe le competizioni è fuori portata. Determinato a non rinunciare, Andrea sceglie la via più economica — e anche la più avventurosa. Decide di partire in moto da casa, viaggiando fino a Genova per imbarcarsi verso Tangeri. Più di 1.500 chilometri all’andata e altrettanti al ritorno, con la sola intenzione di completare la gara e guadagnarsi il biglietto d’ingresso per la Dakar.

Non aveva mai percorso distanze simili su due ruote. La settimana prima aveva corso l’ultima tappa del Campionato Italiano Motorally e, per scaramanzia, preferisce non raccontare a nessuno il suo progetto. Westwindmoto, noto marchio di borse per moto, gli fornisce l’equipaggiamento necessario, ma le difficoltà non tardano ad arrivare. All’imbarco si accorge di aver preso il libretto sbagliato: solo una fotocopia. Poi, mostra l’originale… ma con una targa diversa. Sul traghetto, con una buona dose di ingegno, costruisce una nuova targa artigianale usando un cartello abbandonato e riesce a passare i controlli. Dopo altre peripezie burocratiche, arriva finalmente in Marocco.

La gara in Marocco

Andrea Gava e la voglia di Dakar: 5.000 km per inseguire un sogno

La gara inizia nel segno della tensione e della determinazione. La prima tappa — 780 chilometri — gli fa subito capire la durezza del rally. Poi arrivano le dune, i sassi, le salite rocciose, il caldo, la fatica. “È stata una gara che mi ha messo alla prova in ogni modo — racconta Andrea — ma anche un’occasione di crescita. Ogni giorno imparavo qualcosa di nuovo”. Tappa dopo tappa, la gestione fisica e mentale migliora, la classifica sorride e il sogno Dakar torna a brillare. Alla fine della competizione, Andrea completa con successo il Rally del Marocco, centrando l’obiettivo. Ma l’avventura non è ancora finita.

Dal parco chiuso riparte subito in sella: 700 chilometri verso Tangeri, tra freddo e montagne, fino a sbagliare strada e ritrovarsi a oltre 2.000 metri di quota. Due giorni di traghetto più tardi, sbarca a Marsiglia in mezzo a un temporale. “Dopo un’ora di moto sotto il diluvio mi sembrava di essere in una doccia”, scherza. Ospitato da un amico ad Albenga, trova finalmente riparo e poi il ritorno a casa. Quasi 5.000 chilometri tra viaggio e gara: 2.700 per raggiungere il Marocco, 2.300 di rally.

Un’esperienza che lo ha segnato profondamente. “Il Touquet mi aveva già fatto capire che le gare lunghe sono nel mio DNA – confessa – Un amico mi disse che mi mancava solo la Dakar. Aveva ragione: da quel momento non ho più smesso di pensarci”. Oggi, grazie anche ai consigli di Tiziano Internò, che gli ha fatto scoprire i dettagli e i segreti della Dakar, Andrea è pronto per compiere il passo decisivo. La sua è la storia di chi non si arrende davanti agli ostacoli, di chi crede che ogni sogno vada conquistato a colpi di coraggio, chilometro dopo chilometro.

Perché, come ama ripetere lui stesso, “i sogni non vanno solo sognati: vanno vissuti”.

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