Albania e Macedonia 2018, a cavallo tra turismo e avventura
Un viaggio fuori dalle rotte più conosciute, che abbiamo affrontato in sella alle due SWM Superdual, T ed X
La nostra prova delle due SWM, la Superdual T ed X si è svolta lungo un viaggio che vi abbiamo raccontato live con un diario, ma che ora vi vogliamo descrivere con la giusta calma, a distanza di qualche settimana dal nostro rientro.
Frequentando i forum e i gruppi di motociclisti, quest’estate, è stato facile notare una cosa: un’esplosione di persone che hanno deciso di fare una vacanza in Albania. Il piccolo Paese di fronte alle coste pugliesi, sembra essere improvvisamente diventata una meta di tendenza, dopo che per anni era stato ignorato o, al più, considerato un posto addirittura pericoloso. Chi, come il sottoscritto e diversi amici che conoscono un po’ i Balcani, si aspettava che prima o poi sarebbe successo, e si aspettava anche qualcosa che puntualmente si è verificato: un sacco di gente che è tornata lamentandosi perché il posto non corrispondeva alle loro aspettative.
Questo perché l’Albania, nonostante sia a due passi dall’Italia, è ancora una realtà particolare. A cavallo tra boom economico, tradizioni ed arretratezza, la terra delle Aquile è ben lontana dal concetto di “turismo” come lo considera la maggior parte della gente. Anch’io e la mia compagna ci siamo imbarcati su un traghetto da Ancona a Durazzo, lei per la prima volta io per la terza, il nostro programma prevedeva una zingarata, con solo un piano di massima, tra Albania e Macedonia. Qualcuno avrà seguito i nostri report semiseri scritti durante il viaggio, questo vuole essere un resoconto un po’ più serio e soprattutto una guida per evitare di trovarsi spiazzati se si decide per la prima volta di visitare l’Albania.
Partiamo da alcuni presupposti: l’Albania è un Paese assolutamente sicuro e gli albanesi sono un popolo di una gentilezza a volte imbarazzante, si faranno in quattro pur di aiutarvi e saranno estremamente felici e lusingati dal fatto che voi, italiani, vogliate conoscere la loro terra. Sono però anche un popolo estremamente orgoglioso, chi pensa quindi di andare la e “pretendere” dei servizi, ha sbagliato tutto, vi aiuteranno finchè possono e anche oltre, quasi mai vorranno qualcosa in cambio, ma non pensiate che tutto sia dovuto o potreste andarvene prendendo male parole. Non sono ancora entrati nell’ottica de “il turista ha sempre ragione”. Fatte queste premesse, alcune info di carattere pratico: in Albania si entra tranquillamente con la carta d’identità (con una validità di almeno tre mesi), la maggior parte delle compagnie assicurative non copre il vostro veicolo in Albania. Allo sbarco dal traghetto, o appena superata la frontiera se arrivate via terra, troverete gli uffici delle compagnie locali pronte a stipularvi una polizza valida 15 giorni per una ventina di euro, non dimenticatevene perché vi verrà richiesta ad ogni controllo. E’ VIVAMENTE consigliato avere un’assicurazione sanitaria, l’Albania ha una convenzione bilaterale con l’Italia e quindi, nella malaugurata ipotesi di problemi di salute, le cure sanitarie sono gratuite e garantite, tuttavia le strutture sanitarie non sono propriamente al top e la possibilità di rivolgersi ad una struttura privata è una garanzia in più. Pensateci e includete anche le spese di recupero del veicolo. Data la viabilità Albanese, potrebbe essere decisamente conveniente nel caso dobbiate far recuperare la vostra moto. La copertura telefonica è buona, ma non c’è convenzione sul roaming, quindi navigare sul web può costarvi una follia, fortunatamente la diffusione del Wi-Fi è capillare, praticamente qualsiasi bar o ristorante dispone di connessione gratuita. Se vi trovate nei piccoli paesi dell’interno però potreste avere dei problemi, acquistate una scheda telefonica albanese appena sbarcati e, con una 15ina di euro, risolverete il problema.
In Albania la valuta corrente è il lek, ma ovunque gli euro vengono accettati di buon grado. Ho sentito qualcuno iniziare a polemizzare sul cambio: “nei negozi e nei ristoranti ti fregano”. Non mi è MAI successo una volta anzi, in genere gli arrotondamenti vengono fatti per difetto. Ma se anche cercassero di fregarvi, sappiate che al massimo vi porteranno via un euro se non meno, in un paese nel quale oltre il 50% dei lavoratori ha un salario mensile inferiore ai 350 euro. Quindi non fate i pidocchi, sorridete e pagate in euro. I bancomat invece vengono accettati solo in pochi esercizi commerciali, non fateci conto e -soprattutto- non fate come quel partecipante a una discussione su facebook che è partito al grido di “io, quando mi presentano il conto, gli do la carta di credito, se non la accettano è un problema loro”, il problema potrebbe diventare vostro e, in ogni caso, non farete una bella figura.
Tornando al nostro itinerario, noi abbiamo deciso di toccare sia luoghi “famosi” da un punto di vista turistico, che mete nelle quali di turistico non c’è assolutamente nulla, ma nelle quali si vede la vita quotidiana.
Siamo quindi sbarcati a Durazzo e, dopo una mezz’ora per fare dogana e stipulare la polizza ci siamo lanciati nel traffico della SH42 con l’intenzione di raggiungere Scutari, nel nord del paese. Il traffico è completamente sregolato, non aspettatevi nulla di “prevedibile”. Potreste trovare chi si ferma per farvi passare o chi si lancia con la certezza che vi fermerete voi, quindi occhi aperti, soprattutto sulle rotonde. Lì non esistono regole e solo i più forti sopravvivono. Scutari è una città conosciuta e ricca di storia, tutto quello che vi serve sapere è reperibile con facilità online. Lungo la strada però ci sono un paio di posti che meritano una visita: il più conosciuto è sicuramente Kruje famoso per il museo dedicato all’eroe nazionale Skenderbeu e per un bel bazar ottimamente conservato (e circondato da condomini inguardabili, ma è una caratteristica dello sviluppo urbano un po’ in tutto il paese). Il secondo è la tekke di Sari Saltik: nonostante da fuori sembri poco più di una cappelletta, si tratta di uno dei luoghi più sacri per i musulmani bektashi. Non è un luogo spettacolare o particolarmente “bello”, ma se avete voglia di ascoltarlo, l’anziano custode sarà felice di spiegarvi la storia di Sari Saltik, delle peculiarità del Bektashismo e farvi vedere l’islam sotto ad una luce poco conosciuta.
Come già accennato sopra, Scutari merita sicuramente una visita, è una cittadina vivace, con uno splendido castello le cui strutture più antiche risalgono addirittura all’età del bronzo. Purtroppo anche qui vi troverete di fronte a un problema diffuso in tutta l’Albania: vestigia storiche e rovine di assoluto interesse pochissimo valorizzate e con poche o nulle indicazioni in loco. Procuratevi una guida prima di partire o cercate sul web.
La seconda tappa del nostro viaggio balcanico è quanto di meno turistico si possa immaginare. L’idea iniziale era quella di raggiungere Debar, in Macedonia. In realtà, per l’ennesima volta, mi faccio fregare dalla cartina: quella che è segnata come via di grande comunicazione (la SH36) si rivela un disastro tra tratti non asfaltati, tratti smottati e camionisti che guidano a velocità folli. Ci fermiamo quindi a Peshkopi, paesone da poco più di 13000 abitanti a pochi km dal confine dove facciamo tappa al “Piazza” (si, in italiano), l’hotel di un amico albanese. A Peshkopi l’unica cosa che ha una parvenza di “attrazione turistica” è il museo etnografico, che tra l’altro non è nemmeno troppo curato, nonostante ospiti pezzi interessanti; perché merita una tappa allora?
Perché è in questi posti che vedete l’Albania “vera”, quella dei bambini che salutano lungo le strade, delle persone che, senza nessun motivo particolare se non conoscervi, si fermano a fare quattro parole (moltissimi capiscono l’italiano e lo parlano in maniera comprensibile), vogliono sapere da dove venite, vogliono sapere se vi piace il loro paese e vi salutano con un tonante “italiani, albanesi, due popoli una faccia!”. Il giorno successivo entriamo in Macedonia e ci rendiamo conto di due cose: Debar non avrebbe comunque offerto nessuna attrattiva turistica e i macedoni sono meno espansivi degli albanesi. Con questo non intendo dire meno ospitali o meno gradevoli, ma se i primi vi fermano volentieri per fare due parole, i secondi si fanno gli affari loro. Probabilmente è una reazione agli oltre 50 anni di chiusura totale che il popolo albanese è stato costretto a subire durante il regime di Enver Hohxa.
La Macedonia ci accoglie con strade perfettamente asfaltate, boschi a perdita d’occhio, indicazioni stradali bilingue (l’alfabeto ufficiale è il cirillico, ma i cartelli stradali sono anche in caratteri occidentali) e, poco dopo il confine, non perdete il monastero di San Giovanni il Precursore (Sveti Joan Bigorski), se volete rimanere a bocca aperta. L’impatto con la capitale, Skopje, invece è un po’ disorientante: la periferia è simile a quella di qualsiasi città dell’ex Jugoslavia, vialoni, casermoni di stampo sovietico, nel complesso comunque pulita e ben tenuta, poi arrivi in centro e come per magia… è subito parco a tema!
Gli architetti che stanno riprogettando il centro di Skopje devono essere cresciuti alla scuola di perfezionamento di Gardaland, non si spiegherebbe altrimenti la profusione di architetture neoclassiche e statue monumentali in bronzo abbinate a giochi di luci colorate a led e addirittura la presenza di tre finte navi pirata in legno che ospitano altrettanti ristoranti, nel fiume che attraversa il centro. Raccontato così potrebbe sembrare una cosa solo e terribilmente trash, in realtà è divertente e nasconde una storia affascinante e densa di avvenimenti. Parliamo pur sempre di una città che ha visto le sue origini nel quarto secolo avanti Cristo, durante l’impero di Alessandro il Grande. Al solito, non essendo questa una guida turistica, lasciamo a voi la soddisfazione di scoprire tutto ciò che la capitale della Macedonia può offrire. Vi diciamo solo che dopo l’indigestione di cultura fatta durante il giorno, vi aspetta una vita notturna vivacissima e che vale la pena di essere vissuta almeno un po’.
Lasciamo quindi la Capitale per fare un’altra tappa che tutto è tranne che turistica. Dopo una bellissima strada, in parte sterrata e in parte asfaltata, dove incrociare bestiame libero è all’ordine del giorno, abbiamo costeggiato la A1 per poi deviare sulla R1312 arrivando a Prilep, nell’antichità Suburra. Il centro non offre nessuna particolare attrattiva se non, anche qui, una vivace piazza piena di bar e ristoranti. In compenso a pochi Km di distanza, è possibile visitare le rovine delle torri del principe Marko (discreta scarpinata richiesta) e a una quindicina di Km a nord, il monastero ortodosso bizantino di Treskavec, risalente al 12° secolo. Oltre ad essere un complesso spettacolare (in ristrutturazione ma comunque vistabile quando ci siamo stati noi) è raggiungibile per una delle strade asfaltate più belle e panoramiche che abbiamo percorso in Macedonia.
Per tenere fede alle buone abitudini, ad una meta sconosciuta o quasi, succede una località turistica, puntiamo quindi le moto verso la località turistica “per eccellenza” in Macedonia, Ohrid, sull’omonimo lago.
Qui potrete trovare negozi di souvenir trash, ristoranti italiani che fanno “spageti bolognaise” e “macaroni amatriciana”, trappole per turisti, giostre, pedalò a noleggio e vita notturna. Noi li abbiamo considerati un fastidio necessario per visitare il centro storico, che è assolutamente affascinante e richiede almeno una giornata intera. Al solito non starò a farvi un elenco di “questo e quello”, qualsiasi guida turistica vi fornirà tutte le informazioni necessarie.
Dopo Ohrid, siamo quindi rientrati in Albania, abbandonando il caos di turisti del lago, per dedicarci alla ricerca di un sito archeologico semisconosciuto anche agli stessi albanesi. Le tombe monumentali di Selcë e Poshtëme. Le cinque tombe reali, risalgono al periodo illirico (tra il III ed il IV secolo a.C.) e sono distribuite in un’area di alcune centinaia di metri quadri su una collina sopra l’omonimo villaggio. I corredi funerari non sono più, ovviamente, presenti e sono ospitati nel museo archeologico di Tirana, ma gli edifici sono ben conservati e meritano una visita, la strada è tutta asfaltata (in maniera pessima) e solo le ultime centinaia di metri sono un comodo viottolo di campagna senza dislivelli e senza difficoltà e sono segnati sulle mappe Garmin, per lasciare un po’ di divertimento. Lasciate alle spalle le tombe illiriche, la nostra meta per la giornata è Berat, “la città dalle mille finestre”. Patrimonio dell’UNESCO, Berat è in equilibrio tra quei centri turistici che a noi così poco piacciono e una perla con una storia millenaria che si ritrova nelle moschee, nel caravanserraglio e nei vicoli del centro storico. Anche in questo caso, ci sono tali e tante notizie in rete, che riportarle qui sarebbe inutile. Se vi recate in Albania per la prima volta, comunque, non potete lasciarla fuori dalla lista delle cose da vedere.
L’ultima tappa è Tirana, la capitale. Come dicono gli stessi albanesi “C’è Tirana e c’è l’Albania”. Tirana sta vivendo un vero boom economico totalmente sregolato, con tutto ciò che comporta nel bene e nel male. Ci sono palazzi, centri commerciali, negozi di lusso e limousine a fianco di casermoni costruiti durante il regime comunista. Chi può ostenta, chi non può ci prova, con risultati che, talvolta, sfociano nel grottesco.
Tirana non si visita perché è “bella”, non ha niente di bello o quasi, si visita per capire la storia di un paese che, per 50 anni, ha vissuto nel più totale isolamento dal resto del mondo. Nel quale praticamente tutti i cittadini erano costantemente sorvegliati dalla sigurimi, la polizia segreta; nel quale una denuncia poteva far finire in campo di lavoro (o peggio) senza nessuna prova certa. Visitare la Casa delle Foglie (l’ex sede
della sigurimi) o i bunker di Hohxa permette di capire perché, oggi, gli albanesi siano così socievoli e desiderosi di chiacchierare con qualsiasi straniero incontrino. L’obiettivo di questo articolo, come avrete capito, non è quello di fornire una guida turistica per un viaggio preconfezionato; si potrebbe facilmente stilare l’ennesimo elenco di cose da vedere, in Albania e Macedonia ce ne sono più di quante non si creda ma non ho mai amato partire con una lista di cose da spuntare una volta viste. Le esperienze più belle le ho vissute in paesi che erano a malapena segnati sulle mappe (a proposito, consiglio le ottime Freytag&Berndt, ma consiglio anche di non farci troppo conto, soprattutto riguardo la percorribilità delle strade).
Quindi se andate in Albania o in Macedonia, limitatevi a fare un programma di massima, certo, alcune cose sono dei “must see” che non si possono perdere, almeno al primo viaggio, ma poi perdetevi, girate a caso, parlate con la gente; saranno assolutamente felici e a volte stupiti dal fatto che vi interessi conoscere un paese da cinquecento anime il cui nome è a malapena segnato su una cartina. Capiterà che vi offrano da bere, capiterà che vi vogliano raccontare di quando loro sono stati in Italia o dei parenti che hanno nella vostra città. Quando cercate un ristorante, non aprite Tripadvisor, fermate due vecchietti per strada e chiedetegli “voi dove andreste a cena?” a noi è successo che chiamassero loro per prenotare e ci dessero un biglietto con scritto il nome del titolare e i loro saluti. Allo stesso tempo però preparatevi a trovare affittacamere ben diversi dalle foto che hanno sulla pagina web (sembrano tutti meravigliosi, anche le peggiori bettole), preparatevi a ripetuti blackout in città, dovuti ad una rete elettrica fatiscente. Preparatevi a non capire una parola del menu del ristorante in cui vi hanno mandato i vecchietti di cui sopra e ordinare a caso, senza sapere cosa vi troverete nel piatto. L’Albania è così, è ancora “terreno d’avventura”, un posto nel quale la prima cosa che ti stupisce è la gente. Probabilmente uno dei terreni d’avventura più ospitali d’Europa.
A cura di Stefano Pelati
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